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Welfare Aziendale
Servizi che danno colore al lavoro dei dipendenti e alla vita privata
Welfare Aziendale

Maggio 20, 2024
Welfare Aziendale
Flexible benefits: cosa sono e come funzionano
Oggi sempre più aziende sviluppano piani di welfare aziendale che prevedono di offrire ai dipendenti beni e servizi di varia natura. Scopri cosa sono i flexible benefit e perché sono vantaggiosi per aziende e lavoratori.
Negli ultimi anni è aumentato il numero delle imprese attente ai bisogni dei propri dipendenti e che decidono di rispondere a queste necessità con l’erogazione di beni e servizi per rendere più facile la loro vita lavorativa e familiare.
In questa guida troverai tutto ciò che vuoi sapere sui flexible benefit, cosa sono, come funzionano e quali sono le novità 2024 che li riguardano.
Cosa sono i flexible benefit?
Esempi di flexible benefit
Erogazione dei flexible benefit
Quali sono i vantaggi?
La tassazione dei flexible benefit
Differenza tra flexible benefit e fringe benefit
Esempi di tassazione dei flexible benefit per il 2024
Cosa sono i flexible benefit?
Sono sempre di più le aziende attente al benessere dei propri dipendenti che decidono di attuare dei piani di welfare aziendale per migliorare il cosiddetto “work-life balance”.
I flexible benefit sono uno dei punti cardine di questi piani di welfare aziendale. Si tratta, infatti, di un ventaglio piuttosto ampio di beni e servizi che i datori di lavoro mettono a disposizione dei propri dipendenti.
Oltre a migliorare e rendere più serena la vita dei lavoratori che possono usufruirne, i flexible benefit hanno anche il vantaggio di ridurre il cuneo fiscale, in quanto sono totalmente esclusi dall’imposizione di carichi contributivi e fiscali. Proprio tale vantaggio fa sì che molte persone scelgano di convertire in flexible benefit il proprio premio di risultato.
Perché un lavoratore dipendente abbia diritto a ricevere queste agevolazioni, l’erogazione dei benefit deve essere prevista dal CCNL di riferimento, oppure essere frutto di un accordo stipulato con le rappresentanze sindacali. A volte, sono le stesse imprese a prendere l’iniziativa di predisporre dei piani di welfare che comprendono anche i flexible benefit.
Esempi di flexible benefit
La categoria dei flexible benefit comprende un ventaglio piuttosto ampio di beni e servizi, che le aziende mettono a disposizione dei propri dipendenti per migliorare l’equilibrio vita-lavoro.
Tra i flexible benefit più diffusi ci sono:
servizi complementari di assistenza sanitaria;
servizio di mensa aziendale;
piani di previdenza complementare;
servizi dei settori benessere, cultura e salute (palestre, cinema e teatri);
buoni per lo shopping e buoni carburante;
corsi di lingua;
rimborso delle spese sostenute per l’acquisto di abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale;
somme o rimborsi erogati per l’accesso ai servizi di istruzione (anche asili nido e scuole materne) da parte dei familiari dei dipendenti, compreso il servizio di mensa e i servizi extrascolastici, come centri estivi e invernali;
borse di studio per i familiari;
somme o prestazioni erogati per l’accesso ai servizi di cura e assistenza agli anziani o ai familiari non autosufficienti;
servizi di babysitteraggio.
Modalità di erogazione
Quando un’azienda decide di erogare i flexible benefit ai suoi dipendenti ha a disposizione diverse soluzioni.
La prima prevede che, dopo aver individuato i beni e servizi di maggiore utilità per i propri collaboratori, l’azienda crei un “paniere” o “carrello della spesa”, che comprende tutti i benefit di cui possono usufruire, e metta a loro disposizione un budget prestabilito da investire in uno o più dei benefit offerti.
A questo carrello della spesa possono avere accesso anche i lavoratori che decidono di convertire il premio di produzione in servizi di welfare aziendale.
Un’altra modalità a cui ricorrono molte delle aziende che mettono a disposizione dei dipendenti i flexible benefit è quella di fare ricorso a una vera e propria piattaforma di welfare, come ad esempio Day Welfare.
Solitamente, le piattaforme di welfare consentono di progettare e gestire in maniera ottimale i piani di welfare, anche grazie ad accordi e convenzioni stipulati con aziende che si occupano di servizi alla persona, e con marchi commerciali famosi ed affidabili.
In più, le imprese che si affidano a una piattaforma di welfare, hanno la garanzia di mettere a disposizione dei propri collaboratori servizi sempre aggiornati e in linea con le loro esigenze.
Quali sono i vantaggi?
I flexible benefit sono preziosi strumenti che, se pianificati in maniera corretta, rappresentano una vera e propria opportunità di crescita sia per i lavoratori, sia per le aziende.
I lavoratori traggono beneficio dalla fruizione di questi benefit perché:
vedono migliorare la qualità della vita lavorativa e familiare;
hanno a disposizione un maggior potere d’acquisto dato anche dal fatto che i flexible benefit sono esenti da tassazione.
Tra i benefici per le aziende ci sono, invece:
la possibilità di ottimizzare i costi, dal momento che, anche per le imprese, la tassazione dei flexible benefit è agevolata;
l’incremento delle prestazioni dei dipendenti che si traduce in un aumento della produttività (ciò avviene in conseguenza del miglioramento della qualità della vita dei lavoratori);
una maggior fidelizzazione dei propri collaboratori.
La tassazione dei flexible benefit
I flexible benefit sono misure che godono di una tassazione agevolata tanto per le imprese, quanto per i dipendenti, sempre che vengano rispettati determinati vincoli.
Secondo quanto stabilito dalla legge, infatti, se i benefit sono erogati alla collettività dei dipendenti, o ad una categoria specifica di lavoratori e non sono convertibili in denaro, essi non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente e sono esclusi anche dagli obblighi contributivi.
Le imprese possono dedurre dalle tasse i costi sostenuti per l’erogazione dei flexible benefit, in maniera totale o parziale, a seconda che la decisione di offrirli ai dipendenti sia frutto di una contrattazione collettiva o di un’iniziativa privata dell’azienda:
nel caso la contrattazione collettiva obblighi i datori di lavoro oppure questi stessi si obblighino mediante un regolamento aziendale specifico, il loro costo è interamente deducibile dalle tasse;
se, invece, è frutto di un’iniziativa privata, la deducibilità è parziale.
La principale normativa di riferimento per la tassazione dei flexible benefit è costituita dal TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), che all’articolo 51 indica quali sono i criteri per la determinazione del reddito di lavoro dipendente e individua le soglie di esenzione e i tassi di esclusione dalla tassazione delle varie tipologie di agevolazioni riconosciute ai lavoratori dipendenti del settore privato.
Le circolari dell’Agenzia delle Entrate n° 28/E del 15/06/2016 e n°5/E del 29/03/2018, invece, forniscono ulteriori chiarimenti in materia.
C’è poi la Legge 208 del 2015, che sancisce un aumento dei servizi che possono essere compresi nella contrattazione, e quindi detassati, e amplia le tipologie di servizi per la famiglia già indicati nel TUIR.
Con la Legge di Bilancio del 2018, infine, anche i servizi di trasporto pubblico entrano a far parte dei fringe benefit a cui possono avere accesso i lavoratori dipendenti.
Più recentemente, il 30 dicembre 2023 è stata promulgata la Legge di Bilancio 2024 (legge n. 213/2023), la quale ha introdotto modifiche significative riguardo alle soglie di esenzione per i fringe benefit forniti dalle aziende ai dipendenti. Questi vantaggi speciali, utilizzabili per spese come utenze domestiche, affitto e interessi sul mutuo, sono detassati fino a 1.000 euro per tutti i dipendenti e fino a 2.000 euro per coloro che hanno figli. Questa esenzione include anche i rimborsi per il pagamento delle utenze domestiche e delle spese di affitto o interessi passivi sul mutuo per la prima casa.
L'agevolazione si applica a entrambi i genitori se il figlio è fiscalmente a carico di entrambi. Pertanto, se entrambi i genitori lavorano e hanno un figlio a carico, entrambi possono beneficiare dell'esenzione fiscale sui fringe benefit fino a 2.000 euro.
Tra i vantaggi offerti ci sono anche i buoni pasto, con un limite giornaliero di 4 euro per i buoni cartacei e di 8 euro per quelli digitali. Per quanto riguarda l'assistenza sanitaria, il limite di esenzione dalla tassazione è di 3.615 euro all'anno. Tuttavia, questo limite decade se il servizio viene fornito in alternativa al premio di produzione in denaro.
Differenza tra flexible benefit e fringe benefit
Per comprendere meglio come funziona la tassazione dei flexible benefit, bisogna compiere anche un’importante distinzione tra fringe benefit e flexible benefit.
Se è vero, infatti, che entrambe sono due categorie di beni e servizi concessi ai dipendenti dalle aziende, che spesso si sovrappongono, tra le due tipologie di agevolazione ci sono delle sostanziali differenze, che riguardano soprattutto l’inquadramento giuridico e la tassazione.
FRINGE BENEFIT
FLEXIBLE BENEFIT
sono beni e servizi accessori che vengono concessi al lavoratore come forma di remunerazione aggiuntiva rispetto al normale compenso
sono beni e servizi che vengono affiancati alla retribuzione, come misure di sostegno al reddito
possono essere inseriti nel contratto individuale del dipendente, anche senza essere previsti dal CCNL di riferimento o dagli accordi sindacali
vengono erogati alla totalità dei dipendenti, o ad una categoria omogenea degli stessi e sono previsti dai Contratti Collettivi di categoria, oppure sono frutto di contrattazioni sindacali o di iniziative private dell’azienda
concorrono, in tutto o in parte, a formare il reddito da lavoro dipendente
non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente, per questo sono totalmente esclusi dall’erogazione di tasse e contributi
possono essere erogati in sostituzione totale o parziale del valore del premio di risultato
Queste sono le principali differenze tra le due categorie di benefit.
Spesso, il datore di lavoro decide di inserire nel paniere dei flexible benefit anche alcuni dei fringe benefit, come ad esempio i buoni spesa. In quel caso, essi sono esclusi dalla formazione della base imponibile solo per le soglie previste dalla legge.
Esempi di tassazione dei flexible benefit per il 2024
Per capire meglio come funziona l’imposizione fiscale nei riguardi dei flexible benefit, prendiamo ad esempio un paniere di beni e servizi-tipo erogato da un’azienda ai suoi dipendenti.
BENI E SERVIZI EROGATI
LIMITI DI ESCLUSIONE DALLA TASSAZIONE
Buoni acquisto e voucher
€1.000*
€2.000 per dipendenti con figli fiscalmente a carico.
Buoni carburante
Il termine "bonus benzina" o "bonus carburante" si riferisce a buoni cartacei o elettronici che consentono l'acquisto di carburante o la ricarica dei mezzi elettrici. Questi buoni non sono tassati per i dipendenti e sono deducibili per le aziende, senza la necessità di accordi sindacali.
Attualmente, il bonus benzina è stato rinnovato anche per quest'anno con una soglia di 200 euro per ogni dipendente. Oltre tale limite, i buoni erogati concorrono alla formazione del reddito imponibile IRPEF.
Assistenza sanitaria
€3.615 all’anno
(il limite decade se il servizio è fornito in sostituzione del premio di risultato in denaro)
Borse di studio per i figli dei dipendenti
Nessun limite
Acquisto dei testi scolastici per i figli dei dipendenti
Nessun limite
Accesso ai centri estivi e diurni per bambini
Nessun limite
Assistenza sanitaria ai parenti non autosufficienti
Nessun limite
Rimborso delle spese di acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico
Nessun limite
Erogazione di servizi di previdenza complementare
€ 5.164,57 all’anno
(il limite decade se il servizio è fornito in sostituzione del premio di risultato in denaro)
Un dipendente ha la possibilità di versare volontariamente una somma fino a un massimo di 5.164,57 euro a un fondo previdenziale e, contemporaneamente, può scegliere di destinare una parte del premio di risultato, pari a 2.000 euro, alla previdenza complementare.
Questo approccio può essere vantaggioso per il dipendente in termini di ottimizzazione fiscale e di costruzione di un piano previdenziale complementare.

Marzo 27, 2024
Welfare Aziendale
Welfare aziendale: benefici ed equilibrio vita-lavoro
Nel panorama aziendale moderno, il concetto di welfare non è più soltanto un optional, ma una componente essenziale per la crescita sostenibile delle imprese e il benessere dei dipendenti.
Approfondiamo la conoscenza del welfare aziendale
Equilibrio vita-lavoro-benessere
Vantaggi fiscali del welfare aziendale
La piattaforma Day Welfare
Approfondiamo la conoscenza del welfare aziendale
Il welfare aziendale, inteso come insieme di politiche e iniziative volte a migliorare la qualità della vita dei lavoratori, si traduce in un investimento strategico che produce vantaggi tangibili per tutte le parti coinvolte.
Per le aziende, l'implementazione di programmi di welfare rappresenta un importante strumento per aumentare la produttività, migliorare la retention dei talenti e attrarre risorse umane di qualità. Offrire benefici come assicurazioni sanitarie, piani pensionistici integrativi, servizi di assistenza all'infanzia o incentivi per lo sviluppo professionale, non solo accresce l'attrattività dell'azienda sul mercato del lavoro, ma contribuisce anche a creare un clima organizzativo positivo e stimolante.
D'altro canto, per i lavoratori, il welfare aziendale rappresenta un valore aggiunto che va oltre il mero salario. La possibilità di accedere a servizi e supporti che migliorano la qualità della vita, come il rimborso delle spese mediche, l'accesso a centri fitness o programmi di counselling, non solo aumenta il loro livello di soddisfazione e fiducia nell'azienda, ma contribuisce anche a ridurre lo stress e favorire un equilibrio tra vita professionale e personale.
Inoltre, un efficace programma di welfare aziendale può avere impatti positivi anche a livello sociale ed economico più ampio. Riducendo l'assenteismo e aumentando il benessere psicofisico dei dipendenti, le imprese contribuiscono a migliorare la salute pubblica e a ridurre i costi legati alla sanità. Inoltre, promuovendo politiche di conciliazione lavoro-famiglia e garantendo opportunità di sviluppo professionale, si favorisce la coesione sociale e si stimola la crescita economica a lungo termine.
Equilibrio Vita - lavoro benessere
Nella società moderna, l'equilibrio tra vita e lavoro è diventato un tema cruciale. Trovare un punto d'incontro tra le richieste professionali e i bisogni personali è essenziale per garantire benessere e soddisfazione, sia in ambito lavorativo che personale. In questo contesto, il concetto di time saving e i piani di welfare aziendale assumono un ruolo fondamentale.
Il tempo è una risorsa preziosa, e gestirlo efficacemente è fondamentale per mantenere un equilibrio sano tra i vari aspetti della vita. Strategie di time saving, come la pianificazione efficiente delle attività, la delega delle responsabilità e l'utilizzo di strumenti tecnologici appropriati, consentono di ottimizzare le giornate lavorative, riducendo lo stress e lasciando spazio per il tempo libero e le attività personali.
Up Day e Genius4U mettono a disposizione un’ampia gamma di Servizi e un Genio a completa disposizione del personale dell’azienda. Una persona di fiducia presente in azienda in alcuni momenti della settimana, pronta a supportare i dipendenti nella gestione della loro quotidianità.
Genius4U nasce proprio dalla consapevolezza che la vita quotidiana è stressante e che il tempo ha un grande valore. Per questo si occupa di organizzare e gestire in azienda tutti i servizi salva-tempo di cui c’è bisogno nella quotidianità, per una vita più facile e serena.
Parallelamente, i piani di welfare aziendale rappresentano un importante supporto per i dipendenti nel perseguire un equilibrio tra vita e lavoro. Questi piani possono includere benefit come flessibilità degli orari, possibilità di lavoro da remoto, programmi di benessere fisico e mentale, servizi di assistenza familiare e molto altro ancora. Creare un ambiente lavorativo che promuova il benessere dei dipendenti non solo aumenta la loro produttività, ma contribuisce anche a costruire un legame di fiducia reciproca tra datore di lavoro e dipendente.
È importante sottolineare che l'equilibrio tra vita e lavoro non riguarda solo il singolo individuo, ma ha ripercussioni positive sull'intera organizzazione. Dipendenti soddisfatti e motivati tendono ad essere più produttivi, creativi e impegnati nel raggiungimento degli obiettivi aziendali.
Vantaggi fiscali del welfare aziendale
Il Welfare Aziendale oltre a migliorare significativamente la qualità della vita dei lavoratori, offre numerosi vantaggi fiscali che possono essere sfruttati in modo intelligente dalle imprese di ogni dimensione.
Una delle principali agevolazioni fiscali è rappresentata dalla possibilità di dedurre le spese sostenute per l'implementazione dei programmi di Welfare Aziendale, quali servizi di assistenza sanitaria, previdenziale, o assistenziale, fino a determinati limiti stabiliti dalla normativa vigente. Questo non solo consente alle imprese di migliorare il clima aziendale e aumentare il senso di appartenenza dei dipendenti, ma offre anche un vantaggio economico tangibile attraverso la riduzione del carico fiscale.
Inoltre, i contributi erogati dall'azienda per il Welfare Aziendale possono essere considerati come costo aziendale deducibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRES) e dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF). Ciò significa che le aziende possono ridurre il proprio reddito imponibile, con conseguente diminuzione dell'onere fiscale complessivo.
Investire nel Welfare Aziendale può anche generare un vantaggio competitivo per le aziende sul mercato del lavoro. Offrire una gamma completa di benefici e servizi ai dipendenti non solo attira talenti di alto livello, ma favorisce anche il mantenimento di una forza lavoro motivata e produttiva nel lungo termine.
Un altro importante beneficio fiscale è rappresentato dall'esenzione fiscale per i dipendenti che usufruiscono dei servizi di Welfare Aziendale. In base alla normativa vigente, molte delle prestazioni erogate tramite i programmi aziendali di Welfare sono esenti da imposte sul reddito per il dipendente, aumentando così il potere d'acquisto netto del salario.
La piattaforma Day Welfare
Day Welfare è il portale di Up Day e consente di gestire in modo semplice i piani di welfare aziendale rendendo facile e sicura l’esperienza di coloro che si occupano della gestione e dell’amministrazione del personale.
La piattaforma welfare può essere utilizzata da qualsiasi dispositivo ed è facile ed intuitivo capire quali sono i benefit a propria disposizione. Un servizio di assistenza completo a disposizione dei dipendenti e referenti aziendali. In questo modo, il welfare aziendale può essere fruito in maniera pratica dai dipendenti, migliorando la soddisfazione dei collaboratori e l’efficienza dell’azienda.
Grazie alle convenzioni stipulate con imprese che si occupano di servizi alla persona e con importanti partner commerciali, attraverso la piattaforma Day Welfare è possibile offrire ai propri dipendenti un ampio ventaglio di beni e servizi.
Per ricevere una consulenza e le soluzioni più adatte alle tue esigenze contattaci al numero 800 834 009 oppure scrivi a info@day.it

Ottobre 09, 2023
Welfare Aziendale
Benefit aziendali: tutto quello che c’è da sapere
I benefit aziendali permettono di migliorare la qualità della vita dei propri dipendenti. Ecco tutto quello che devi sapere su questo tipo di agevolazioni, dalle tasse alle loro caratteristiche fino alla possibile revoca.
I benefit aziendali sono beni e servizi compresi nei piani di welfare aziendale che le aziende offrono ai dipendenti per favorire la conciliazione vita-lavoro. I benefit aziendali sono una forma di retribuzione aggiuntiva fornita dalle aziende ai loro dipendenti, al di là dello stipendio base. Questi benefici mirano a migliorare l'equilibrio tra vita professionale e vita privata e includono vantaggi come assicurazione sanitaria, assistenza per l'infanzia, programmi di formazione e sviluppo, agevolazioni per la conciliazione tra lavoro e famiglia e molte altre opzioni. L'obiettivo di tali benefici è attirare e trattenere i migliori talenti e promuovere la motivazione e la soddisfazione dei dipendenti. Si tratta di uno strumento importante nelle strategie delle risorse umane per promuovere il benessere dei dipendenti e creare un ambiente lavorativo favorevole. Ecco tutto quello che c’è da sapere:
Cosa sono i benefit aziendali?
Differenza tra fringe benefits e flexible benefits
Quali sono i benefit aziendali?
Quali sono i benefit aziendali obbligatori
Quali sono i benefit aziendali per gli amministratori
Come sono tassati i benefit aziendali?
I benefit aziendali possono essere tolti?
Cosa sono i benefit aziendali?
I dipendenti sono la risorsa principale di un’azienda. Sono sempre di più le aziende che lo riconoscono e che si impegnano per rendere più facile e serena la vita dei propri collaboratori.
Un lavoratore che si sente considerato e valorizzato, infatti, è più felice, produttivo e fedele all’azienda. L’azienda, in conseguenza di ciò, otterrà diversi vantaggi, come l’aumento della propria produttività, della competitività e dell’efficienza.
Secondo numerosi sondaggi effettuati tra i lavoratori del settore privato, molti di loro preferiscono ricevere benefit aziendali piuttosto che aumenti di denaro in busta paga.
I benefit aziendali sono quell’insieme di beni, servizi e agevolazioni di vario tipo che il datore di lavoro mette a disposizione dei propri dipendenti per migliorare la qualità della vita dei lavoratori e favorire la conciliazione vita-lavoro.
Tali benefit rappresentano a tutti gli effetti un compenso di natura non monetaria che viene erogato dall’azienda al dipendente e rientrano a pieno titolo nelle misure di welfare aziendale. Questo perché è proprio attraverso l’erogazione di questi bonus che si esplicita una parte consistente di molti piani di welfare.
Differenza tra fringe benefits e flexible benefits
I benefit aziendali si dividono in due categorie:
i fringe benefits;
i flexible benefits.
È importante conoscere la distinzione tra fringe benefits e flexible benefits perché la loro natura rende differente il tipo di trattamento economico a cui sono sottoposti.
I fringe benefits sono compensi in natura erogati dalle aziende ai propri dipendenti e vengono considerati come una parte di retribuzione aggiuntiva rispetto a quella ordinaria, pertanto sono soggetti a tassazione agevolata solo in parte.
I flexible benefits, invece, sono considerati complementari alla retribuzione ordinaria e, per questo, sono esonerati totalmente dal pagamento di contributi e imposte sul reddito da parte del lavoratore.
Quali sono i benefit aziendali?
I benefit aziendali sono moltissimi e possono riguardare sia la sfera lavorativa, sia la sfera privata del lavoratore.
I più comuni benefit aziendali che vengono erogati per facilitare al dipendente la vita lavorativa sono:
lo smart working;
i permessi retribuiti;
i congedi parentali per i neogenitori;
il cellulare aziendale;
l’auto aziendale;
il servizio di mensa o i buoni pasto da utilizzare in pausa pranzo e non solo;
l’organizzazione di servizi di trasporto o di offerta di abbonamenti ai mezzi pubblici;
gli alloggi o appartamenti aziendali.
Tra di essi rientrano anche i servizi salva-tempo, come la lavanderia, la possibilità di farsi portare la spesa in azienda e il servizio di ritiro della posta.
Poi ci sono i benefit che offrono al lavoratore la possibilità di risparmiare, come:
la possibilità di crearsi una pensione integrativa attraverso il versamento del premio di risultato in fondi pensione;
l’accesso ad un’assicurazione sanitaria integrativa;
la possibilità di ottenere prestiti a tasso agevolato;
i buoni benzina;
i buoni spesa.
Tra le agevolazioni più apprezzate dai lavoratori ci sono anche quelle che permettono di prendersi cura del proprio benessere, quali:
le visite mediche e checkup offerti dall’azienda;
il medico aziendale;
la palestra aziendale o convenzioni con palestre esterne all’impresa;
l’erogazione di corsi di formazione e specializzazione;
il rimborso delle spese sostenute per prendere parte a corsi di formazione esterni all’azienda.
Per garantire il benessere dei dipendenti i datori di lavoro tengono in conto non solo le loro esigenze personali, ma anche quelle che derivano dalla vita familiare. Per questo, molte aziende predispongono dei benefit destinati ai familiari dei lavoratori. Tra i più apprezzati ci sono:
il nido aziendale;
il rimborso delle spese sostenute per il pagamento delle rette scolastiche, anche delle scuole dell’infanzia, dei servizi di doposcuola, dei centri estivi;
il rimborso delle spese sostenute per l’acquisto di testi scolastici;
l’erogazione di borse di studio;
il servizio di baby-sitting;
l’erogazione di servizi di assistenza destinati ai familiari malati o non autosufficienti.
Quali sono i benefit aziendali obbligatori
Con il rinnovo di determinati contratti collettivi è stato introdotto l’obbligo di un piano welfare obbligatorio che segua alcune indicazioni ben precise. Tali indicazioni variano in base al CCNL di riferimento, ma in linea generale è obbligatorio un versamento ai lavoratori dipendenti che va dai 100 euro ai 200 euro all’anno in servizi di welfare.
Ma quali sono i CCNL che prevedono benefit aziendali obbligatori? Eccone alcuni:
Settore Metalmeccanico
Terziario Avanzato
Impianti Sportivi e Attività Sportive
Servizi Assistenziali e Socio Sanitari
Orafi, Gioiellieri e Argentieri
CCNL Metalmeccanici
Il contratto collettivo nazionale (CCNL) per il settore delle piccole e medie imprese del settore metalmeccanico, sottoscritto da FIOM-CGIL, Confapi, UILM-UIL e FIM-CISL, e rinnovato il 26 maggio 2021, ha introdotto nell'articolo 51, intitolato "Benefit Aziendali", l'obbligo per i datori di lavoro di mettere a disposizione di tutti i dipendenti strumenti di welfare fino al 2024.
Questi strumenti possono rientrare sia nella categoria del benefit flessibile (come servizi di utilità sociale, assistenza ai figli e agli altri familiari, ecc.) sia tra i benefit aggiuntivi (ovvero i vantaggi in natura) e possono essere usufruiti anche tramite buoni acquisto, del valore di 200 euro, da utilizzare entro il 31 dicembre di ogni anno di riferimento. Inoltre, le parti hanno stabilito che il datore di lavoro deve effettivamente mettere a disposizione degli strumenti di welfare entro la fine di febbraio di ogni anno.
CCNL Impianti Sportivi
Il 10 settembre 2022 è stato sottoscritto il CCNL per il settore degli impianti sportivi e delle attività sportive, con l'obiettivo di istituire specifici strumenti di protezione per i lavoratori. Le organizzazioni datoriali e sindacali firmatarie hanno stabilito che, a partire dal 1° gennaio 2023, i datori di lavoro sono tenuti, all'inizio di ogni anno, a mettere a disposizione dei dipendenti strumenti di welfare del valore annuo di 100 euro, da utilizzare entro il 30 novembre dell'anno successivo.
Terziario Avanzato
A partire da quest'anno, sono previste anche nuove misure di welfare contrattuale nel CCNL Terziario Avanzato, firmato il 26 settembre 2022 e valido fino al 31 agosto 2025. Viene istituito esplicitamente il "Welfare Contrattuale", che il datore di lavoro è obbligato a fornire attraverso accordi aziendali di secondo livello o tramite regolamento aziendale a tutti i lavoratori. Ciò può avvenire anche tramite l'utilizzo di una piattaforma welfare.
Il CCNL Terziario Avanzato stabilisce anche gli importi del welfare contrattuale da riconoscere ai lavoratori, differenziandoli per livello di inquadramento. A partire dal 2023, devono essere concessi benefit welfare del valore di 2.600 euro all'anno per i dirigenti, 1.300 euro all'anno per i quadri e 660 euro all'anno per gli impiegati e gli operatori di vendita.
Questi importi vengono assegnati dal datore di lavoro entro il 31 dicembre di ogni anno e devono essere utilizzati entro 12 mesi dalla loro disponibilità per il lavoratore.
CCNL Servizi assistenziali e Orafi
Nel contratto per il personale delle Case di Cura e i Servizi Assistenziali e Socio Sanitari, il welfare aziendale è stato introdotto nel marzo 2018. Nel 2020, è stata stanziata una somma di 200 euro da erogare alle aziende sotto forma di beni e servizi di welfare, che i dipendenti potevano utilizzare per previdenza complementare, assistenza sanitaria, istruzione, buoni acquisto o voucher per servizi e tempo libero.
Anche il CCNL per i dipendenti delle aziende orafe (orafi, argentieri e gioiellieri), che coinvolge circa 45.000 lavoratori in Italia, continua ad essere valido. Le parti firmatarie del contratto, rinnovato il 3 dicembre 2021 e valido fino al 31 dicembre 2024, hanno prorogato le misure di welfare contrattuale introdotte nella versione originale. Secondo l'accordo, i datori di lavoro devono mettere a disposizione dei lavoratori strumenti di welfare del valore di 200 euro entro il mese di giugno di ogni anno, che i lavoratori possono utilizzare entro il 31 maggio dell'anno successivo.
Quali sono i benefit aziendali per gli amministratori
Secondo l'articolo 50 del TUIR, le somme e i valori ricevuti in qualunque forma dagli amministratori di società, associazioni o altri enti con o senza personalità giuridica sono equiparati ai redditi da lavoro dipendente. Tutti i compensi erogati agli amministratori, tranne quelli esclusi dalla legge, sono considerati reddito tassabile. Il termine "somma" si riferisce al denaro, mentre il termine "valori" si riferisce a beni, servizi o altre utilità ricevute gratuitamente o in parte.
I fringe benefit possono essere concessi agli amministratori e ad altre persone con reddito assimilato al lavoro dipendente, come confermato dall'Agenzia delle Entrate nella Circolare del 4 novembre 2022, n. 35. I fringe benefit possono essere personalizzati e includere beni o servizi destinati anche all'amministratore unico. Alcuni benefit aziendali per gli amministratori possono includere buoni spesa, buoni carburante e l'uso di un'auto per scopi personali.
Come sono tassati i benefit aziendali?
Per capire come sono tassati i benefit aziendali bisogna fare riferimento alla normativa in materia di redditi da lavoro dipendente, che comprende sia un articolo del Codice civile, sia il TUIR, il testo unico sulle imposte sui redditi, che ogni anno viene aggiornato con le eventuali modifiche apportate dalla Legge di Bilancio.
Per comprendere come funziona la tassazione di alcuni benefit aziendali, bisogna anche fare una distinzione tra il valore normale del bene o servizio erogato, cioè il valore che ha al momento del suo acquisto, e il valore convenzionale, cioè un valore fittizio che viene determinato in base a criteri diversi, a seconda del benefit erogato, per determinare quale sia la parte dello stesso da inserire in busta paga.
La normativa sulla tassazione dei benefit
Iniziamo ad analizzare la normativa partendo dal Codice civile. L’articolo 2099 è interamente dedicato alla materia della retribuzione dei lavoratori. Nell’ultima parte dello stesso, viene esplicitato che il lavoratore può chiedere di essere retribuito in tutto o in parte con la partecipazione agli utili o ai prodotti, con una provvigione o con prestazioni in natura.
Ciò significa che i benefit erogati dal datore di lavoro ai dipendenti sono parte integrante del loro reddito e, quindi, potenzialmente soggetti a tassazione.
Per capire se, e in che misura, i benefit aziendali siano effettivamente soggetti all’imposizione fiscale e contributiva, bisogna rifarsi al TUIR che, all’articolo 51, stabilisce quali siano i redditi da lavoro dipendente, i casi e le modalità di esclusione.
Il comma 1 di tale articolo stabilisce che il reddito da lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori corrisposti dal datore di lavoro durante il periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali.
Al comma 2, invece, vengono indicati i casi in cui i beni e i servizi erogati dal datore di lavoro non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente.
La normativa, inoltre, stabilisce che i benefit erogati in sostituzione del premio di risultato per volontà del dipendente, risultino esenti dalla tassazione fino alla soglia di 3.000 euro annui, che è anche quella fissata dalla legge per la tassazione agevolata del premio di risultato in denaro.
Nel TUIR è anche specificato che, perché le aziende e i lavoratori dipendenti abbiano diritto a godere della tassazione agevolata sui benefit, essi devono essere erogati alla totalità dei dipendenti o a categorie omogenee di lavoratori ed essere compresi nella contrattazione nazionale di primo o secondo livello o negli accordi stipulati dall’azienda con i sindacati.
Esempi di tassazione dei benefit aziendali
Vediamo qualche esempio di tassazione parziale dei benefit aziendali, in base a quanto stabilito dall’articolo 2 del TUIR:
i contributi previdenziali e assistenziali, compresi i contributi di assistenza sanitaria, erogati dal datore di lavoro in ottemperanza alle disposizioni di legge non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente fino alla somma di 615,20 euro;
i buoni pasto non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente fino alla soglia di 4 euro giornalieri per i cartacei e di 8 euro per i buoni elettronici;
i buoni spesa e i voucher welfare per un valore complessivo di 258,23 euro;
l’auto aziendale ad uso promiscuo viene tassata calcolando il 30% del suo valore convenzionale, che si ricava moltiplicando il costo chilometrico indicato dalle tabelle ACI per 15.000 km annui;
i prestiti aziendali concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente solo sulla differenza esistente tra il tasso d’interesse applicato dalle società finanziarie al momento della sua erogazione e il tasso agevolato praticato dall’azienda.
I casi più frequenti di esclusione totale dei benefit aziendali dalla formazione del reddito imponibile sono, invece:
i servizi di trasporto collettivo e il rimborso delle spese sostenute per l’acquisto degli abbonamenti ai mezzi pubblici;
il rimborso delle spese sostenute per il pagamento delle rette di scuole dell’infanzia, servizi di doposcuola e centri estivi;
l’erogazione di borse di studio ai familiari;
i corsi di formazione erogati ai dipendenti;
l’erogazione di servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti.
I benefit aziendali possono essere tolti?
I benefit aziendali, come tutti gli aspetti del rapporto di lavoro, sono soggetti alle regole e alle condizioni stabilite dal contratto di lavoro o dagli accordi aziendali. In generale, i benefit aziendali possono essere revocati o modificati se ciò è previsto da tali accordi o se esistono circostanze che giustificano la loro revoca. Ad esempio, se un'azienda attraversa una crisi finanziaria o una riduzione delle risorse, potrebbe essere necessario rivedere o ridurre i benefit offerti ai dipendenti. Tuttavia, è importante che le eventuali modifiche ai benefit vengano gestite in modo trasparente e in conformità con le leggi del lavoro e le disposizioni contrattuali.
Inoltre, in alcuni casi, la revoca o la modifica dei benefit aziendali potrebbe richiedere il consenso o la consultazione dei rappresentanti dei lavoratori o dei sindacati, a seconda delle leggi e dei regolamenti locali. Pertanto, questa dipenderà dalle specifiche circostanze, dalle disposizioni contrattuali e dalle norme che regolano il rapporto di lavoro.

Agosto 30, 2023
Welfare Aziendale
Fringe benefits: cosa sono e come funzionano
In questi ultimi anni le aziende si sono fatte sempre più attente ai bisogni e al benessere dei propri dipendenti, attivando delle politiche di welfare aziendale che comprendono anche l’erogazione dei fringe benefits a lavoratori e professionisti. Ma cosa sono, di preciso, i fringe benefits e come funzionano? te lo spieghiamo in questo articolo.
I fringe benefits sono beni e servizi erogati dalle aziende ai dipendenti su base volontaria, nell’ambito di politiche di welfare aziendale volte a migliorare la qualità della vita e la produttività dei collaboratori. Scopri in cosa consistono esattamente questi benefit e come funzionano.
Cosa significa fringe benefits?
Come funziona il fringe benefit?
Come si determina il valore dei fringe benefits?
Fringe benefit: cosa è cambiato nel 2022 e qual è la situazione attuale
Perché riconoscere i fringe benefits al dipendente?
Cosa significa fringe benefits?
Fringe benefits è un termine di origine inglese che si può tradurre in italiano con le parole “benefici accessori”.
Si usa per indicare tutta una serie di benefici in natura che le aziende concedono ai propri dipendenti nell’attuazione delle sempre più diffuse e articolate politiche di welfare aziendale.
Tali vantaggi comprendono beni e servizi di vario genere, che possono essere erogati a tutti i dipendenti oppure a specifiche categorie di lavoratori.
I fringe benefits sono costituiti sia da strumenti e agevolazioni che migliorano e facilitano la vita lavorativa del dipendente, sia da benefici di cui i collaboratori possono usufruire nella loro sfera privata, durante il tempo libero, per perseguire i propri interessi, e a cui possono avere accesso anche le famiglie.
Tra i fringe benefits più apprezzati e diffusi tra i dipendenti delle aziende italiane ci sono:
servizio di mensa aziendale;
buoni pasto e buoni regalo;
auto aziendale;
telefono cellulare, computer e tablet aziendali;
borse di studio per incentivare l’accesso all’istruzione dei figli dei dipendenti;
corsi di aggiornamento professionale;
case in locazione;
prestiti agevolati;
sconti e convenzioni con negozi, palestre, centri benessere, ecc.;
polizze di previdenza complementare;
rimborsi per spese sostenute dal dipendente;
stock options.
polizze assicurative
Come funziona il fringe benefit?
Le modalità di erogazione e fruizione dei beni e servizi che vengono considerati fringe benefits cambiano a seconda del tipo di bene o servizio erogato e sono sostanzialmente 3:
uso aziendale. Il bene o servizio erogato al dipendente dall’azienda viene utilizzato dal lavoratore solo in ambito lavorativo;
uso promiscuo. Il dipendente usa il benefit ricevuto sia per scopi lavorativi, sia per scopi personali;
uso personale. Il lavoratore può usare l’agevolazione ricevuta dall’azienda esclusivamente per fini personali.
Vediamo brevemente come funziona il godimento di alcuni dei fringe benefit più diffusi:
Servizio di mensa aziendale
Le aziende che ne hanno la possibilità mettono a disposizione dei lavoratori un servizio di mensa aziendale dove è possibile pranzare o cenare senza uscire dall’azienda, pagando per il pasto un prezzo agevolato.
In alcuni casi sono offerti al dipendente sia il servizio di mensa aziendale, sia i buoni pasto.
Buoni pasto
I buoni pasto sono uno dei fringe benefit più apprezzati dai lavoratori. Solitamente vengono erogati a tutti i dipendenti di un’azienda. Possono avere un valore compreso tra i 2 e i 15 euro e vengono utilizzati come servizio sostitutivo di mensa.
Non possono essere convertiti in denaro o utilizzati da persone diverse dal titolare, che può usarli per acquistare pasti già pronti o prodotti alimentari negli esercizi convenzionati.
Secondo quanto stabilito dalla Legge di Bilancio 2020, sono esenti dalla tassazione fino ad un massimo di 4 euro per i buoni cartacei e di 8 euro per i buoni elettronici.
Veicoli aziendali
La macchina aziendale è un benefit che di solito viene concesso solo a determinate categorie di dipendenti. Nella maggior parte dei casi, il dipendente può fare, della vettura, un uso aziendale o promiscuo, cioè usarla sia per lavoro, sia per fini personali. Più raramente l’auto viene concessa al lavoratore per uso personale. L'utilizzo di un'auto ad uso promiscuo da parte di un dipendente è considerato uno dei fringe benefit più apprezzati. La quota di benefit da includere nel reddito imponibile è determinata dal valore convenzionale del bene, definito come un importo forfettario e calcolato in base alle tabelle ACI, che vengono aggiornate annualmente. Il valore del bene assoggettato a tassazione corrisponde al 30% dell'importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000 km all'anno, calcolato sul costo chilometrico indicato dalle tabelle. Il calcolo preciso della percentuale da inserire in busta paga richiede che il datore di lavoro divida l'importo previsto dalle tabelle ACI per il numero di giorni in cui il dipendente ha l'uso dell'auto. Infine, il fringe benefit dell'auto ad uso promiscuo è soggetto sia all'IRPEF che all'imposizione contributiva.
Telefono, computer o tablet aziendale
I lavoratori che si vedono erogare più spesso questo tipo di benefit sono coloro che lavorano anche in smart working, o che hanno necessità di utilizzare tali strumenti per portare a termine i propri compiti.
Generalmente, questo tipo di fringe benefit viene erogato per l’esclusivo uso aziendale e, talvolta, il dipendente ha la possibilità di farne anche un uso promiscuo.
Voucher e buoni regalo
Si tratta di buoni che possono essere impiegati dal lavoratore nel tempo libero per fare acquisti nei negozi fisici o negli e-commerce. In questa categoria rientrano anche i buoni carburante.
Come i buoni pasto, anche i voucher e i buoni regalo sono nominali e possono essere utilizzati solo dalla persona a cui vengono riconosciuti.
Borse di studio per incentivare l’accesso all’istruzione dei figli dei dipendenti
Alcune imprese decidono di offrire delle borse di studio ai figli dei propri collaboratori per sostenere le spese per l’istruzione superiore. Solitamente, queste borse di studio vengono erogate agli studenti più meritevoli. Le regole per accedervi non sono uguali per tutte le aziende.
Corsi di aggiornamento professionale
I corsi di aggiornamento professionale erogati come fringe benefit ai lavoratori, solitamente, vengono offerti ai lavoratori in aggiunta ai corsi di aggiornamento periodici obbligatori per legge. Essi rappresentano una buona opportunità per i lavoratori che vogliano migliorare le proprie competenze e la propria posizione lavorativa.
Immobili in locazione, uso o comodato
Ci sono diverse aziende che decidono di offrire ai collaboratori, specie a quelli di livello più alto la possibilità di alloggiare in immobili di loro proprietà. Gli alloggi possono essere offerti ai dipendenti in locazione, uso o comodato.
Prestiti agevolati
È una possibilità che viene offerta dal datore di lavoro ai propri dipendenti, i quali possono chiedere un prestito personale o finalizzato. La somma erogata ai lavoratori può provenire dal capitale aziendale oppure da un istituto di credito convenzionato. In entrambi i casi il prestito avrà un tasso agevolato.
Sconti e convenzioni con negozi, palestre, centri benessere, ecc.
Le aziende possono stipulare convenzioni con negozi, palestre, centri benessere, ma anche cinema, teatri e musei per consentire ai propri dipendenti di accedere ai loro servizi a prezzi agevolati. Molte imprese scelgono di erogare ai lavoratori dei voucher welfare, che questi ultimi possono usare per accedere ai servizi convenzionati con la società emettitrice del voucher.
Polizze di previdenza complementare
Molti Contratti Collettivi di Categoria prevedono la possibilità, per i dipendenti delle aziende appartenenti a determinati settori, di stipulare delle polizze di previdenza complementare. I lavoratori possono scegliere di convertire il premio di produttività in contributi da versare su tali polizze.
Rimborsi per spese sostenute dal dipendente
Le aziende i cui collaboratori si trovino spesso a viaggiare per lavoro o sostengano spese di rappresentanza possono decidere di rimborsare in parte o totalmente queste spese.
Tali rimborsi possono essere erogati sia attraverso l’accredito della somma in busta paga, sia attraverso i voucher welfare.
Stock options
Sono pacchetti di azioni che vengono offerti a un prezzo agevolato per periodi di tempo più o meno lunghi ai dipendenti di molte imprese quotate in borsa.
Le aziende ne concedono l’acquisto ai dipendenti per renderli più coinvolti nella gestione diretta dell’impresa e più motivati a far funzionare le cose.
Come si determina il valore dei fringe benefits?
Prima di vedere come si determina il valore dei fringe benefit, rispondiamo subito alla domanda sul perché sia importante determinarlo, che sicuramente ti sarai posto leggendo il titolo del paragrafo.
Determinare il valore dei benefici aziendali offerti ai collaboratori dalle aziende è importante perché molto spesso questi beni e servizi vengono considerati dal fisco come una forma di retribuzione aggiuntiva rispetto alla retribuzione principale, pertanto possono concorrere alla formazione del reddito tassabile sia dell’azienda, sia del lavoratore dipendente, che se li ritroverà in busta paga.
Ecco allora che stabilirne il corretto valore è fondamentale per ottenere un trattamento fiscale equo.
Valore normale
Per determinare il valore della maggior parte dei fringe benefit si tiene in conto il cosiddetto valore normale che, secondo l’articolo 9 del TUIR, è rappresentato dal prezzo o corrispettivo praticato in media per i beni o servizi dello stesso tipo, nel tempo e nel luogo in cui tali beni e servizi sono acquistati, o, comunque, nel periodo di tempo più prossimo.
Valore convenzionale
Per determinare il valore di alcuni fringe benefits, come l’auto aziendale o le case date in locazione, invece, non si prende in considerazione il valore normale del bene, ma una somma costituita dal cosiddetto valore convenzionale.
Per le automobili e i ciclomotori, tale valore è rappresentato da un costo chilometrico fissato dall’ACI, per i fabbricati, invece, è rappresentato dalla differenza tra la rendita catastale e l’importo corrisposto per il godimento di tale bene.
Altro caso in cui si fa valere il valore convenzionale del benefit per determinarne il valore ai fini retributivi è l’erogazione di finanziamenti a tasso ridotto.
Fringe benefit: cosa è cambiato nel 2022 e qual è la situazione attuale
Il Decreto Aiuti Quater del 2022 aveva innalzato la soglia massima dei benefit aziendali a 3.000 euro per il periodo di imposta 2022, consentendo alle imprese di offrire ai propri dipendenti una serie di beni e servizi di welfare aziendale senza formare il reddito di lavoro dipendente. Questo bonus esentasse, valido dal 10 agosto 2022 fino al 31 dicembre 2022, ha rappresentato un segnale importante per aumentare il potere d'acquisto dei lavoratori e supportare le famiglie contro i rincari delle bollette, in particolare delle utenze domestiche come gas e luce.
La normativa nel 2022 ha previsto che la somma dei benefit aziendali fosse da aggiungere ai 200 euro erogabili per il carburante, il cosiddetto bonus benzina. In questo modo, è stato offerto un ulteriore supporto economico ai lavoratori italiani. È importante notare che i benefit aziendali non sono corrispettivi in denaro e non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, ma sono una forma di retribuzione e welfare aziendale. Questi benefit possono essere costituiti da buoni spesa, buoni acquisto, servizi di welfare, buoni pasto, buoni cultura, formazione, flexible benefit e altre forme di welfare. In ogni caso, i fringe benefit aziendali nel 2022 erano esenti dalle tasse e dai contributi previdenziali fino a un massimo di 3.000 euro annui per lavoratore.
Ma cosa è cambiato nel 2024? Innanzitutto, la norma fiscale di riferimento per la tassazione del reddito da lavoro dipendente è l'articolo 51, comma 3, del TUIR. A partire dal 2024, sono state introdotte alcune novità in merito ai fringe benefit aziendali. La soglia massima è stata innalzata a 2000 € per i dipendenti con figli a carico e a 1000 € per tutti gli altri, limitatamente all'anno 2024. In caso di superamento del limite stabilito, l'intero importo è soggetto a tassazione. Inoltre, è stato introdotto un nuovo adempimento per i datori di lavoro: la trasmissione, entro il 21 febbraio 2023, del valore dei beni e servizi erogati nel periodo di imposta 2022 come fringe benefit. Vuoi saperne di più? Leggi il nostro articolo di approfondimento sull’esenzione dei fringe benefit e le novità per il 2023.
Perché riconoscere i fringe benefits al dipendente?
I fringe benefits sono benefici accessori che, in passato, molte aziende vedevano solo come costi aggiuntivi da evitare il più possibile, oppure come vantaggi a cui avevano diritto solo i dipendenti delle grandi aziende. Il massimo che veniva concesso ai lavoratori era una gratifica in busta paga, più o meno generosa, se il bilancio di quell’anno mostrava un segno positivo.
Oggi, invece, sempre più imprese, anche di medie e piccole dimensioni, sono attente alle esigenze dei propri collaboratori e si sono rese conto del valore aggiunto che comporta la concessione di questo tipo di agevolazioni.
Questo perché ci si è accorti che dei dipendenti appagati e soddisfatti sono più produttivi e rappresentano quindi un vantaggio per l’azienda, che vedrà così aumentare il proprio potenziale.
Riconoscere i fringe benefits al dipendente significa investire nel capitale umano della propria impresa, e questo è importante perché:
i dipendenti che si sentono più gratificati e meno stressati sono più produttivi;
si crea un rapporto di fiducia più stretto tra l’impresa e i suoi collaboratori;
si riduce il turnover;
la reputazione aziendale subisce un miglioramento visibile;
le persone talentuose in cerca di lavoro vengono invogliate ad entrare a lavorare in azienda.
Inserire i fringe benefits nel proprio piano di welfare aziendale è conveniente per le aziende anche da un punto di vista fiscale, perché ad essi è riservata una tassazione agevolata.

Luglio 19, 2023
Welfare Aziendale
Banca ore, in cosa consiste e come funziona?
Con la banca ore i lavoratori possono accantonare le ore di straordinario per usufruire di permessi extra.
Le aziende hanno a disposizione diversi strumenti per offrire ai lavoratori dipendenti delle misure di welfare che permettano loro di gestire la propria attività lavorativa con maggiori autonomia e flessibilità. Uno dei più apprezzati è la banca ore: un ausilio che permette di ottenere permessi extra sfruttando le ore di lavoro straordinario svolte durante l’anno. In questa guida ti spiegheremo tutto quel che c’è da sapere sul funzionamento della banca ore.
Cos'è e come funziona la banca ore?
Banca ore e riposo compensativo: quale differenza?
Banca ore: come ed entro quando utilizzarla
Come si calcola la banca ore
Tassazione della banca ore
Banca ore e busta paga
Banca ore e part time
La banca ore nel CCNL del Commercio
La banca ore nel CCNL dei Metalmeccanici
Che cos'è la banca ore solidale
Che differenza c'è tra flessibilità oraria e banca ore?
Cos’è e come funziona la banca ore?
La banca ore è uno strumento che permette al lavoratore di accantonare in un conto individuale le ore di lavoro straordinario svolte nel corso dell’anno e trasformarle poi in permessi retribuiti extra. Prevista dalla maggior parte dei CCNL, la banca ore è inserita nel quadro normativo che in Italia disciplina l’orario di lavoro, la Legge 24/06/1997 n. 196, con riferimento ai criteri stabiliti dalla direttiva CRR n.93/104 per quanto riguarda l’orario lavorativo normale e straordinario.
Le ore di straordinario sono le ore di lavoro prestate oltre l’orario di lavoro normale, che per legge è fissato nel limite di 40 ore settimanali, anche se i contratti collettivi hanno la facoltà di fissare un limite inferiore o superiore, purché non vengano superate le 48 ore settimanali.
Al contrario di altri strumenti di welfare aziendale, la banca ore non è regolamentata da leggi precise, ma direttamente dal CCNL di categoria, dalla contrattazione di secondo livello o dal contratto individuale di ciascun lavoratore dipendente.
Di solito, la banca ore viene proposta come un’alternativa al pagamento in busta paga delle ore di straordinario. Il lavoratore, cioè, può scegliere di accantonare queste ore nel suo portafoglio virtuale e utilizzarle in seguito, sotto forma di permessi extra.
Ci sono poi alcuni casi, come quello del contratto collettivo dei metalmeccanici, che prevedono che, anche se un dipendente decide di accantonare le ore di lavoro straordinario nella banca ore, queste vengano comunque pagate (di solito con un importo pari al 50% della paga spettante per le ore di lavoro svolte in eccesso).
Mentre i lavoratori con contratto a tempo indeterminato possono sempre accedere all’istituto della banca ore, i lavoratori con contratto a tempo determinato possono accedervi solo se questa possibilità è prevista dal contratto collettivo di riferimento.
La banca ore è considerata a tutti gli effetti una misura di welfare aziendale perché offre al lavoratore una maggiore flessibilità e gli permette di migliorare il proprio work-life balance, così da dedicare più tempo alla vita privata.
Banca ore e riposo compensativo: quale differenza?
La legge stabilisce che, dopo sei giorni di lavoro continuato, il lavoratore dipendente abbia diritto ad uno stacco di 24 ore, che, solitamente, coincide con il riposo settimanale.
Se il dipendente non gode del giorno di riposo settimanale perché ha effettuato delle ore di lavoro straordinario, questo deve essere necessariamente recuperato.
I riposi compensativi sono quindi i giorni di riposo di cui il lavoratore usufruisce per recuperare i giorni di riposo persi a causa dello straordinario.
Di solito, l’istituto della banca ore va a sostituire i riposi compensativi, che, quindi, vengono erogati solamente qualora il contratto di lavoro non la preveda.
Banca ore: come ed entro quando utilizzarla
Normalmente, le ore di lavoro straordinario accantonate nella banca ore possono essere utilizzate per richiedere le ore di permesso a partire dal mese successivo a quello in cui sono state svolte, chiedendo l’autorizzazione al datore di lavoro con un tempo di preavviso congruo. L’utilizzo di permessi extra va ad intaccare il monte della banca ore, senza erodere le ferie o i giorni di riposo a cui ha diritto il dipendente.
Se il lavoratore non usufruisce delle ore di permesso entro la scadenza delle stesse può richiedere che queste vengano pagate come normali ore di lavoro. La scadenza delle ore accantonate in banca ore non è fissa, perché ogni contratto ha condizioni diverse. Le aziende, di solito, concedono almeno un anno di tempo per usufruire delle ore accantonate.
In caso di una lavoratrice rientrata dalla maternità, è bene sapere che può utilizzare i permessi accumulati in banca ore cumulandoli con i riposi per allattamento regolati dall’INPS.
Come si calcola la banca ore
All’interno del conto della banca ore vengono quindi inserite tutte le ore di lavoro straordinario che il lavoratore ha deciso di accantonare per poter usufruire di permessi aggiuntivi rispetto alle ferie o ai riposi. In molti casi, la contrattazione collettiva prevede che al suo interno confluiscano anche i permessi ROL e le ex festività non goduti.
Il numero di ore accantonabili nella banca ore viene stabilito dal contratto collettivo, che può anche stabilire che una certa quota di ore di lavoro straordinario vi confluisca automaticamente.
Ogni volta che il lavoratore faccia richiesta di permessi accedendo alla banca ore, le ore utilizzate vengono scalate dal monte ore.
Di solito, quando si avvicina il momento della scadenza delle ore accantonate, si esegue un calcolo per scoprire quante ore siano rimaste all’interno della banca ore. Il calcolo si esegue sottraendo il numero di ore di cui il lavoratore ha usufruito dal totale di ore accantonate. Se il saldo è pari a zero, il lavoratore non potrà più usufruire dei permessi extra fino a che non abbia accumulato altre ore di lavoro in banca ore. Se, invece, il saldo è a credito, queste vengono retribuite in busta paga secondo gli importi stabiliti dal CCNL.
Tassazione della banca ore
Le ore di lavoro accantonate in banca ore sono soggette alla tassazione IRPEF e al pagamento dei contributi previdenziali.
La tassazione della banca ore avviene però in momenti diversi rispetto alla retribuzione ordinaria. Le ore di straordinario che finiscono in banca ore, infatti, non vengono tassate al momento del loro accantonamento, ma nel momento in cui vengono utilizzate o rimborsate.
Se, ad esempio, un lavoratore decide di usufruire di 8 ore di permesso scalandole dalla banca ore, queste non saranno decurtate dalla retribuzione di base. Pertanto, le ore di permesso verranno retribuite come normali ore di lavoro e saranno assoggettata alla tassazione IRPEF e al versamento dei contributi INPS.
Se, invece, il lavoratore non utilizza le ore accantonate in banca ore e le stesse vengono monetizzate, il versamento dei contributi e dell’IRPEF avverrà nel momento in cui avviene il pagamento in busta paga delle stesse.
Banca ore e busta paga
Le ore di lavoro straordinario effettuate da un lavoratore vengono sempre inserite in busta paga. Se un dipendente usufruisce della banca ore, però, cambiano il momento e le modalità con cui queste ore vengono registrate sul cedolino.
Ecco qualche esempio pratico per comprendere meglio come viene inserita la banca ore in busta paga.
Esempio 1: il lavoratore chiede che le ore di straordinario gli vengano pagate
Giuseppe, nel mese di marzo, effettua 10 ore di lavoro straordinario:
6 ore sono retribuite con la maggiorazione del 25%
4 ore, effettuate nei giorni festivi, sono retribuite con la maggiorazione del 55%
Di solito, Giuseppe effettua giornate lavorative di 6 ore e la sua retribuzione ordinaria è di 10,50 euro all’ora.
Le ore di straordinario, in questo caso, fruttano a Giuseppe 143,80 euro. L’imponibile contributivo è pari al totale delle competenze, comprensive di straordinario.
DESCRIZIONE
QUANTITÀ
DATO BASE
COMPETENZE
Retribuzione base
162
€10,50
€1701,00
Lavoro straordinario 25%
6
€13,12
€78,72
Lavoro straordinario al 55%
4
€16,27
€65,08
Esempio 2: il lavoratore chiede che le ore di straordinario vengano accantonate in banca ore
Giuseppe decide che le 10 ore di lavoro straordinario svolte nel mese di marzo vengano accantonate in banca ore. In questo caso, il contratto collettivo del suo settore prevede che gli vengano corrisposte maggiorazioni nella retribuzione anche nel caso in cui lo straordinario venga accantonato in banca ore.
Ponendo il caso che Giuseppe abbia già 6 ore accantonate in banca ore, con l’aggiunta di quelle maturate nel mese di marzo queste saliranno a 16. In busta paga, invece, gli verranno riconosciuti 40,42 euro per le ore di straordinario effettuate.
DESCRIZIONE
QUANTITÀ
DATO BASE
COMPETENZE
Retribuzione base
162
€10,50
€1701,00
Maggiorazione banca ore 12,5%
6
€11,81
€18,37
Maggiorazione banca ore 27,5%
4
€13,38
€22,05
Esempio 3: il lavoratore usufruisce delle ore accantonate
Nel mese di maggio, Giuseppe non effettua straordinario, ma decide di usufruire di 5 delle ore accantonate in banca ore. In questo caso, in busta paga verrà indicato che il lavoratore ha deciso di usare 5 ore di permesso, prendendole dalla banca ore, il cui saldo scende a 11.
Queste ore non vengono sottratte dalla retribuzione oraria base, in quanto Giuseppe ha diritto alla paga ordinaria anche qualora usufruisca della banca ore.
La base imponibile, in questo caso, è data dalla retribuzione base, che è comprensiva delle ore di permesso della banca ore.
DESCRIZIONE
QUANTITÀ
DATO BASE
COMPETENZE
Retribuzione base
162
€10,50
€1701,00
Recupero banca ore
5
Esempio 4: il lavoratore non usufruisce delle ore accantonate entro la scadenza stabilita
È scaduto l’anno di tempo che l’azienda concede ai suoi dipendenti per usufruire delle ore accantonate in banca ore. Giuseppe ha ancora a disposizione 11 ore residue che verranno monetizzate nel mese di dicembre dell’anno successivo.
In questo caso, oltre alla retribuzione base, al lavoratore spetteranno anche 115,50 euro per la liquidazione delle ore della banca ore non godute.
La base imponibile per la contribuzione sarà costituita dalla retribuzione base e dall’importo della monetizzazione della banca ore.
DESCRIZIONE
QUANTITÀ
DATO BASE
COMPETENZE
Retribuzione base
162
€10,50
€1701,00
Monetizzazione banca ore
10
€10,50
€115,50
Banca ore e part time
Per quanto riguarda il part-time, è bene ricordare che in questi tipi di contratto non è prevista una banca ore, bensì quattro giorni all’anno di permessi frazionati, ovvero 30 ore, che devono essere proporzionati all’orario di lavoro del dipendente.
Per i lavoratori part-time, inoltre, c’è la possibilità di accedere alla banca ore solo se in possesso di un contratto di lavoro part-time verticale, perché, normalmente, gli straordinari non sarebbero permessi. Questa possibilità, tuttavia, rimane condizionata dalle regole stabilite dal CCNL.
È obbligatorio utilizzare i permessi frazionati, detti anche PFR, entro e non oltre il 31 dicembre sotto forma di permessi retribuiti, anche frazionabili nel limite di almeno 1 ora. Questi, potranno essere utilizzati unendoli a periodi di ferie. Nel caso in cui il lavoratore non dovesse utilizzarli entro la data stabilita, tali permessi saranno perduti e non monetizzati.
La banca ore nel CCNL del Commercio
Il CCNL del Commercio prevede che il datore di lavoro possa utilizzare la banca ore per gestire eventuali picchi di lavoro tramite l’accantonamento delle ore straordinarie.
I lavoratori possono godere dei riposi compensativi in pacchetti di 4 o 8 ore. Inoltre, è permessa la fruizione in maniera collettiva – quindi contemporaneamente da più dipendenti - dei riposi compensativi, purché questi non comprendano i mesi di luglio, agosto e settembre e la forza lavoro assente non superi il 10%.
Il CCNL del Commercio, inoltre, prevede che per il sabato o il giorno in cui nell’arco di una settimana si verifica un’intensità di lavoro più alta, la percentuale di dipendenti a riposo scenda al 5% della forza complessiva occupata.
Ma come si richiedono i riposi compensativi maturati con il lavoro straordinario accantonato in banca ore? In realtà è piuttosto semplice: basta infatti inoltrare al datore di lavoro un preavviso di almeno cinque giorni lavorativi.
Per concludere, il datore di lavoro è tenuto entro e non oltre il 31 dicembre a fornire a ogni lavoratore il dettaglio sulla maturazione delle ore di straordinario depositate in banca ore sia degli eventuali riposi compensativi detratti.
La banca ore nel CCNL dei Metalmeccanici
Per quanto riguarda il CCNL dei Metalmeccanici e Piccola Industria, secondo la normativa in vigore ogni ora svolta oltre le 40 ore settimanali potrà essere caricata nella banca ore e retribuita come lavoro straordinario o, altrimenti, come riposo compensativo.
I lavoratori avranno la possibilità di usufruire dei riposi compensativi seguendo la stessa prassi dei ROL, mentre le ore di straordinario accumulate, se non utilizzate entro due anni, sarà obbligatorio liquidarle in busta paga.
Infine, l’accordo firmato per l’industria metalmeccanica prevede che qualora il lavoratore volesse accantonare le ore straordinarie effettuate in banca ore, dovrà comunicarlo entro il mese in cui si svolgeranno gli straordinari.
Che cos’è la banca ore solidale?
La banca ore solidale segue il principio che tutti i lavoratori possano cedere i propri riposi e ferie ai colleghi che, ad esempio, debbano assistere un parente bisognoso di cure o un figlio ammalato, nel rispetto tuttavia della loro fruizione minima.
È possibile cedere esclusivamente le ferie aggiuntive che eccedano le quattro settimane annuali e i riposi che superino quelli minimi definiti per legge, ovvero oltre le undici ore di riposo consecutivo ogni 24 ore e 24 ore di riposo consecutivo ogni sette giorni.
È importante sottolineare che la cessione deve sempre e in ogni caso avere luogo a titolo gratuito.
Che differenza c'è tra flessibilità oraria e banca ore?
Molti si chiedono spesso se ci sia una differenza fra flessibilità oraria e banca ore. Per flessibilità oraria si intende un insieme di istituti contrattuali che permettono ai lavoratori di sfruttare un orario di lavoro da poter distribuire nell’arco di una giornata, di una settimana o di un mese, entro i limiti stabiliti dai vari contratti collettivi nazionale e da quelli aziendali.
Per fare un esempio, con l’orario flessibile i dipendenti possono entrare o uscire dal luogo di lavoro entro delle fasce orarie prestabilite e non per forza a una determinata ora (è la cosiddetta flessibilità in entrata e in uscita). In questo modo quindi il lavoratore non solo acquisisce una maggiore autonomia decisionale, ma ha la possibilità di conciliare al meglio gli impegni lavorativi e la sua vita privata.
Altri esempi di flessibilità oraria sono l’orario concentrato, ossia la possibilità di non fare la pausa pranzo in modo da poter uscire in anticipo dal posto di lavoro, e il lavoro ad isole, che consente a un gruppo di dipendenti che svolgono la stessa mansione di organizzarsi in autonomia per permettere ai singoli di assentarsi senza che ciò crei disagi e incida sulla qualità del lavoro, il cui svolgimento sarà comunque garantito dagli altri dipendenti del team.
La banca ore, come spiegato in questo articolo, non è altro che un altro modello organizzativo per far sì che i lavoratori abbiano una maggiore flessibilità lavorativa e quindi una migliore conciliazione vita-lavoro.