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Welfare Aziendale
Servizi che danno colore al lavoro dei dipendenti e alla vita privata
Welfare Aziendale
Agosto 30, 2023
Welfare Aziendale
Fringe benefits: cosa sono e come funzionano
In questi ultimi anni le aziende si sono fatte sempre più attente ai bisogni e al benessere dei propri dipendenti, attivando delle politiche di welfare aziendale che comprendono anche l’erogazione dei fringe benefits a lavoratori e professionisti. Ma cosa sono, di preciso, i fringe benefits e come funzionano? te lo spieghiamo in questo articolo.
I fringe benefits sono beni e servizi erogati dalle aziende ai dipendenti su base volontaria, nell’ambito di politiche di welfare aziendale volte a migliorare la qualità della vita e la produttività dei collaboratori. Scopri in cosa consistono esattamente questi benefit e come funzionano.
Cosa significa fringe benefits?
Come funziona il fringe benefit?
Come si determina il valore dei fringe benefits?
Fringe benefit: cosa è cambiato nel 2022 e qual è la situazione attuale
Perché riconoscere i fringe benefits al dipendente?
Cosa significa fringe benefits?
Fringe benefits è un termine di origine inglese che si può tradurre in italiano con le parole “benefici accessori”.
Si usa per indicare tutta una serie di benefici in natura che le aziende concedono ai propri dipendenti nell’attuazione delle sempre più diffuse e articolate politiche di welfare aziendale.
Tali vantaggi comprendono beni e servizi di vario genere, che possono essere erogati a tutti i dipendenti oppure a specifiche categorie di lavoratori.
I fringe benefits sono costituiti sia da strumenti e agevolazioni che migliorano e facilitano la vita lavorativa del dipendente, sia da benefici di cui i collaboratori possono usufruire nella loro sfera privata, durante il tempo libero, per perseguire i propri interessi, e a cui possono avere accesso anche le famiglie.
Tra i fringe benefits più apprezzati e diffusi tra i dipendenti delle aziende italiane ci sono:
servizio di mensa aziendale;
buoni pasto e buoni regalo;
auto aziendale;
telefono cellulare, computer e tablet aziendali;
borse di studio per incentivare l’accesso all’istruzione dei figli dei dipendenti;
corsi di aggiornamento professionale;
case in locazione;
prestiti agevolati;
sconti e convenzioni con negozi, palestre, centri benessere, ecc.;
polizze di previdenza complementare;
rimborsi per spese sostenute dal dipendente;
stock options.
polizze assicurative
Come funziona il fringe benefit?
Le modalità di erogazione e fruizione dei beni e servizi che vengono considerati fringe benefits cambiano a seconda del tipo di bene o servizio erogato e sono sostanzialmente 3:
uso aziendale. Il bene o servizio erogato al dipendente dall’azienda viene utilizzato dal lavoratore solo in ambito lavorativo;
uso promiscuo. Il dipendente usa il benefit ricevuto sia per scopi lavorativi, sia per scopi personali;
uso personale. Il lavoratore può usare l’agevolazione ricevuta dall’azienda esclusivamente per fini personali.
Vediamo brevemente come funziona il godimento di alcuni dei fringe benefit più diffusi:
Servizio di mensa aziendale
Le aziende che ne hanno la possibilità mettono a disposizione dei lavoratori un servizio di mensa aziendale dove è possibile pranzare o cenare senza uscire dall’azienda, pagando per il pasto un prezzo agevolato.
In alcuni casi sono offerti al dipendente sia il servizio di mensa aziendale, sia i buoni pasto.
Buoni pasto
I buoni pasto sono uno dei fringe benefit più apprezzati dai lavoratori. Solitamente vengono erogati a tutti i dipendenti di un’azienda. Possono avere un valore compreso tra i 2 e i 15 euro e vengono utilizzati come servizio sostitutivo di mensa.
Non possono essere convertiti in denaro o utilizzati da persone diverse dal titolare, che può usarli per acquistare pasti già pronti o prodotti alimentari negli esercizi convenzionati.
Secondo quanto stabilito dalla Legge di Bilancio 2020, sono esenti dalla tassazione fino ad un massimo di 4 euro per i buoni cartacei e di 8 euro per i buoni elettronici.
Veicoli aziendali
La macchina aziendale è un benefit che di solito viene concesso solo a determinate categorie di dipendenti. Nella maggior parte dei casi, il dipendente può fare, della vettura, un uso aziendale o promiscuo, cioè usarla sia per lavoro, sia per fini personali. Più raramente l’auto viene concessa al lavoratore per uso personale. L'utilizzo di un'auto ad uso promiscuo da parte di un dipendente è considerato uno dei fringe benefit più apprezzati. La quota di benefit da includere nel reddito imponibile è determinata dal valore convenzionale del bene, definito come un importo forfettario e calcolato in base alle tabelle ACI, che vengono aggiornate annualmente. Il valore del bene assoggettato a tassazione corrisponde al 30% dell'importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000 km all'anno, calcolato sul costo chilometrico indicato dalle tabelle. Il calcolo preciso della percentuale da inserire in busta paga richiede che il datore di lavoro divida l'importo previsto dalle tabelle ACI per il numero di giorni in cui il dipendente ha l'uso dell'auto. Infine, il fringe benefit dell'auto ad uso promiscuo è soggetto sia all'IRPEF che all'imposizione contributiva.
Telefono, computer o tablet aziendale
I lavoratori che si vedono erogare più spesso questo tipo di benefit sono coloro che lavorano anche in smart working, o che hanno necessità di utilizzare tali strumenti per portare a termine i propri compiti.
Generalmente, questo tipo di fringe benefit viene erogato per l’esclusivo uso aziendale e, talvolta, il dipendente ha la possibilità di farne anche un uso promiscuo.
Voucher e buoni regalo
Si tratta di buoni che possono essere impiegati dal lavoratore nel tempo libero per fare acquisti nei negozi fisici o negli e-commerce. In questa categoria rientrano anche i buoni carburante.
Come i buoni pasto, anche i voucher e i buoni regalo sono nominali e possono essere utilizzati solo dalla persona a cui vengono riconosciuti.
Borse di studio per incentivare l’accesso all’istruzione dei figli dei dipendenti
Alcune imprese decidono di offrire delle borse di studio ai figli dei propri collaboratori per sostenere le spese per l’istruzione superiore. Solitamente, queste borse di studio vengono erogate agli studenti più meritevoli. Le regole per accedervi non sono uguali per tutte le aziende.
Corsi di aggiornamento professionale
I corsi di aggiornamento professionale erogati come fringe benefit ai lavoratori, solitamente, vengono offerti ai lavoratori in aggiunta ai corsi di aggiornamento periodici obbligatori per legge. Essi rappresentano una buona opportunità per i lavoratori che vogliano migliorare le proprie competenze e la propria posizione lavorativa.
Immobili in locazione, uso o comodato
Ci sono diverse aziende che decidono di offrire ai collaboratori, specie a quelli di livello più alto la possibilità di alloggiare in immobili di loro proprietà. Gli alloggi possono essere offerti ai dipendenti in locazione, uso o comodato.
Prestiti agevolati
È una possibilità che viene offerta dal datore di lavoro ai propri dipendenti, i quali possono chiedere un prestito personale o finalizzato. La somma erogata ai lavoratori può provenire dal capitale aziendale oppure da un istituto di credito convenzionato. In entrambi i casi il prestito avrà un tasso agevolato.
Sconti e convenzioni con negozi, palestre, centri benessere, ecc.
Le aziende possono stipulare convenzioni con negozi, palestre, centri benessere, ma anche cinema, teatri e musei per consentire ai propri dipendenti di accedere ai loro servizi a prezzi agevolati. Molte imprese scelgono di erogare ai lavoratori dei voucher welfare, che questi ultimi possono usare per accedere ai servizi convenzionati con la società emettitrice del voucher.
Polizze di previdenza complementare
Molti Contratti Collettivi di Categoria prevedono la possibilità, per i dipendenti delle aziende appartenenti a determinati settori, di stipulare delle polizze di previdenza complementare. I lavoratori possono scegliere di convertire il premio di produttività in contributi da versare su tali polizze.
Rimborsi per spese sostenute dal dipendente
Le aziende i cui collaboratori si trovino spesso a viaggiare per lavoro o sostengano spese di rappresentanza possono decidere di rimborsare in parte o totalmente queste spese.
Tali rimborsi possono essere erogati sia attraverso l’accredito della somma in busta paga, sia attraverso i voucher welfare.
Stock options
Sono pacchetti di azioni che vengono offerti a un prezzo agevolato per periodi di tempo più o meno lunghi ai dipendenti di molte imprese quotate in borsa.
Le aziende ne concedono l’acquisto ai dipendenti per renderli più coinvolti nella gestione diretta dell’impresa e più motivati a far funzionare le cose.
Come si determina il valore dei fringe benefits?
Prima di vedere come si determina il valore dei fringe benefit, rispondiamo subito alla domanda sul perché sia importante determinarlo, che sicuramente ti sarai posto leggendo il titolo del paragrafo.
Determinare il valore dei benefici aziendali offerti ai collaboratori dalle aziende è importante perché molto spesso questi beni e servizi vengono considerati dal fisco come una forma di retribuzione aggiuntiva rispetto alla retribuzione principale, pertanto possono concorrere alla formazione del reddito tassabile sia dell’azienda, sia del lavoratore dipendente, che se li ritroverà in busta paga.
Ecco allora che stabilirne il corretto valore è fondamentale per ottenere un trattamento fiscale equo.
Valore normale
Per determinare il valore della maggior parte dei fringe benefit si tiene in conto il cosiddetto valore normale che, secondo l’articolo 9 del TUIR, è rappresentato dal prezzo o corrispettivo praticato in media per i beni o servizi dello stesso tipo, nel tempo e nel luogo in cui tali beni e servizi sono acquistati, o, comunque, nel periodo di tempo più prossimo.
Valore convenzionale
Per determinare il valore di alcuni fringe benefits, come l’auto aziendale o le case date in locazione, invece, non si prende in considerazione il valore normale del bene, ma una somma costituita dal cosiddetto valore convenzionale.
Per le automobili e i ciclomotori, tale valore è rappresentato da un costo chilometrico fissato dall’ACI, per i fabbricati, invece, è rappresentato dalla differenza tra la rendita catastale e l’importo corrisposto per il godimento di tale bene.
Altro caso in cui si fa valere il valore convenzionale del benefit per determinarne il valore ai fini retributivi è l’erogazione di finanziamenti a tasso ridotto.
Fringe benefit: cosa è cambiato nel 2022 e qual è la situazione attuale
Il Decreto Aiuti Quater del 2022 aveva innalzato la soglia massima dei benefit aziendali a 3.000 euro per il periodo di imposta 2022, consentendo alle imprese di offrire ai propri dipendenti una serie di beni e servizi di welfare aziendale senza formare il reddito di lavoro dipendente. Questo bonus esentasse, valido dal 10 agosto 2022 fino al 31 dicembre 2022, ha rappresentato un segnale importante per aumentare il potere d'acquisto dei lavoratori e supportare le famiglie contro i rincari delle bollette, in particolare delle utenze domestiche come gas e luce.
La normativa nel 2022 ha previsto che la somma dei benefit aziendali fosse da aggiungere ai 200 euro erogabili per il carburante, il cosiddetto bonus benzina. In questo modo, è stato offerto un ulteriore supporto economico ai lavoratori italiani. È importante notare che i benefit aziendali non sono corrispettivi in denaro e non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, ma sono una forma di retribuzione e welfare aziendale. Questi benefit possono essere costituiti da buoni spesa, buoni acquisto, servizi di welfare, buoni pasto, buoni cultura, formazione, flexible benefit e altre forme di welfare. In ogni caso, i fringe benefit aziendali nel 2022 erano esenti dalle tasse e dai contributi previdenziali fino a un massimo di 3.000 euro annui per lavoratore.
Ma cosa è cambiato nel 2024? Innanzitutto, la norma fiscale di riferimento per la tassazione del reddito da lavoro dipendente è l'articolo 51, comma 3, del TUIR. A partire dal 2024, sono state introdotte alcune novità in merito ai fringe benefit aziendali. La soglia massima è stata innalzata a 2000 € per i dipendenti con figli a carico e a 1000 € per tutti gli altri, limitatamente all'anno 2024. In caso di superamento del limite stabilito, l'intero importo è soggetto a tassazione. Inoltre, è stato introdotto un nuovo adempimento per i datori di lavoro: la trasmissione, entro il 21 febbraio 2023, del valore dei beni e servizi erogati nel periodo di imposta 2022 come fringe benefit. Vuoi saperne di più? Leggi il nostro articolo di approfondimento sull’esenzione dei fringe benefit e le novità per il 2023.
Perché riconoscere i fringe benefits al dipendente?
I fringe benefits sono benefici accessori che, in passato, molte aziende vedevano solo come costi aggiuntivi da evitare il più possibile, oppure come vantaggi a cui avevano diritto solo i dipendenti delle grandi aziende. Il massimo che veniva concesso ai lavoratori era una gratifica in busta paga, più o meno generosa, se il bilancio di quell’anno mostrava un segno positivo.
Oggi, invece, sempre più imprese, anche di medie e piccole dimensioni, sono attente alle esigenze dei propri collaboratori e si sono rese conto del valore aggiunto che comporta la concessione di questo tipo di agevolazioni.
Questo perché ci si è accorti che dei dipendenti appagati e soddisfatti sono più produttivi e rappresentano quindi un vantaggio per l’azienda, che vedrà così aumentare il proprio potenziale.
Riconoscere i fringe benefits al dipendente significa investire nel capitale umano della propria impresa, e questo è importante perché:
i dipendenti che si sentono più gratificati e meno stressati sono più produttivi;
si crea un rapporto di fiducia più stretto tra l’impresa e i suoi collaboratori;
si riduce il turnover;
la reputazione aziendale subisce un miglioramento visibile;
le persone talentuose in cerca di lavoro vengono invogliate ad entrare a lavorare in azienda.
Inserire i fringe benefits nel proprio piano di welfare aziendale è conveniente per le aziende anche da un punto di vista fiscale, perché ad essi è riservata una tassazione agevolata.
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Luglio 24, 2023
Welfare Aziendale
Premi produttività e welfare aziendale
Quando un’azienda, durante l’anno, ottiene performance migliori dell’anno precedente - aumentando i guadagni o diventando più efficiente ad esempio - può riconoscere ai dipendenti una somma in denaro a titolo di gratifica. Scopri cosa sono i premi produttività, a chi spettano e come vengono tassati.
I premi di produttività sono compensi che il datore di lavoro può erogare al dipendente, in aggiunta allo stipendio, come riconoscimento per i risultati ottenuti. Ecco tutto quello che c’è da sapere sui premi produttività e sulla tassazione agevolata.
Cos’è il premio produttività
Premio di produttività in busta paga
Premi produttività come strumento per migliorare il clima aziendale
Vantaggi e benefici del premio di produttività
Premio produttività: a chi spetta
Differenza tra premio produttività e bonus dipendenti
Tassazione del premio produttività
Detassazione premi: come funziona
Premio di produttività, malattia e maternità
Premio di produttività a fondo pensione
Cos’è il premio produttività
La gestione delle aziende contemporanee è sempre più orientata verso il Management by Objectives o Management by Results (MBO – MBR), una tecnica che basa l’attività dell’azienda sul raggiungimento di obiettivi ben precisi e facilmente misurabili.
Il premio di produttività è un riconoscimento economico aggiuntivo rispetto alla retribuzione di base, che il datore di lavoro corrisponde ai propri dipendenti per aver contribuito al conseguimento di determinati obiettivi, stabiliti in sede di contrattazione.
I premi di risultato sono importi legati a un miglioramento delle performance dell’azienda, riscontrabile negli incrementi misurabili di produttiva, redditività, qualità efficienza e innovazione. Possono quindi venire corrisposti ai lavoratori una volta all’anno, in sede di chiusura del bilancio aziendale, oppure dalle due alle quattro volte l’anno, se sono legati alla presentazione dei bilanci intermedi.
Premio di produttività in busta paga
Il dipendente che ha diritto al premio di produttività può scegliere tra due diverse modalità di fruizione dello stesso.
Il lavoratore, infatti, può decidere di ricevere un premio una tantum in busta paga, in denaro, soggetto a tassazione agevolata per importi fino a 3.000 euro (se il reddito del lavoratore non supera gli 80.000 euro), oppure può decidere di convertire la somma che gli spetta in voucher da utilizzare per ottenere servizi di welfare aziendale.
Con i voucher erogati in sostituzione del premio di produttività il dipendente può accedere a un paniere di beni e servizi predisposto dall’azienda, che può comprendere:
badanti;
buoni spesa;
assistenza domiciliare per familiari anziani e disabili;
baby-sitter;
asilo nido;
borse di studio per i familiari;
servizi di trasporto;
rette per centri estivi e invernali;
acquisto di libri scolastici;
servizi di mensa;
servizi di assistenza sanitaria integrativa;
polizze di previdenza complementare;
investimenti in azioni.
Il datore di lavoro può anche decidere di erogare il premio produttività sotto forma di una partecipazione agli utili dell’azienda.
Quali voci presenti in busta paga si riferiscono al premio di produzione? Solitamente il premio di produttività viene indicato in una voce distinta dallo stipendio di base o da altri eventuali indennità o bonus. A seconda delle convenzioni adottate dal datore di lavoro, tale voce potrebbe essere “Incentivo produzione” o “Premio produzione”. In alcuni casi, tuttavia, il premio di produzione potrebbe venir suddiviso in ulteriori voci in modo da indicare la parte relativa ai risultati aziendali e quella che concerne invece la performance individuale.
I premi di produttività come strumento per migliorare il clima aziendale
Il clima aziendale rappresenta la percezione delle persone rispetto al proprio ambiente di lavoro. Un’azienda con un clima aziendale negativo è soggetta a fenomeni quali scarsa motivazione del personale, assenteismo, cali di produttività, performance deludenti. Per questo è importante che il clima aziendale sia sempre positivo.
Le cause di un clima aziendale negativo possono essere ricercate in:
presenza di processi inutili, pesanti e procedure lunghe e inefficaci;
comunicazione poco efficace;
incapacità di stabilire le priorità;
assenza di riconoscimenti per il lavoro svolto dai dipendenti.
Un’azienda che, analizzando il proprio clima aziendale, si accorga che quest’ultimo viene percepito come negativo, ha a disposizione diversi strumenti per migliorare la situazione. Ad esempio, offrire ai lavoratori la possibilità di lavorare in smart working, per favorire la conciliazione vita lavoro o rendere più snella ed efficiente la comunicazione interna.
Anche offrire premi di produzione legati al raggiungimento di determinati obiettivi è un buon modo per migliorare il clima aziendale e dimostrare ai collaboratori che il loro lavoro è apprezzato.
Vantaggi e benefici del premio produttività
I premi di produttività sono considerati strumenti fondamentali da tutte le imprese che puntano sul welfare aziendale come mezzo per raggiungere livelli di efficienza e innovazione più elevati.
L’erogazione del premio di produttività può risultare molto vantaggiosa sia per il datore di lavoro, sia per il dipendente: il primo si ritroverà ad avere collaboratori ancor più motivati nel raggiungere gli obiettivi prefissati, e potrà assistere a un incremento della produttività, del prestigio del proprio marchio e degli utili.
Il secondo non solo vedrà premiati i suoi sforzi e si sentirà quindi gratificato e motivato a fare sempre meglio, ma sarà anche più felice di ricevere il bonus sapendo che è soggetto a tassazione ridotta.
Per non parlare poi del fatto che, nel caso decidesse di convertirlo in beni e servizi, questi risulterebbero totalmente esenti dalle tasse fino a un importo massimo di 3.000 euro.
Il datore di lavoro che desidera gratificare i propri dipendenti e incentivarli nel raggiungimento degli obiettivi aziendali, ha a disposizione la cosiddetta lettera di premio in busta paga. Si tratta di un documento che comunica la ricezione del premio e che contiene le seguenti informazioni;
La data in cui il lavoratore riceverà il premio
La motivazione e l’importo del premio erogato;
Il nome e il numero di matricola del dipendente;
Dettagli su eventuali tasse e contributi;
Limitazioni e condizioni eventuali del premio;
La firma del rappresentante del datore di lavoro.
Premio produttività: a chi spetta?
Il premio di produttività spetta a tutti i lavoratori che prestano lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato in aziende del settore privato, purché tale agevolazione sia prevista dal CCNL, dal contratto di 2° livello aziendale e territoriale o dagli accordi sindacali.
Per poter essere considerato a tutti gli effetti un premio di risultato e godere, perciò, delle agevolazioni fiscali previste dalla legge, il premio di risultato deve:
essere legato a incrementi della produttività, redditività, qualità, efficienza o innovazione;
essere connesso a obiettivi misurabili secondo i criteri di misurazione fissati in fase di sottoscrizione del contratto;
venire erogato alla totalità dei dipendenti, o a un determinato settore produttivo o categoria, e non a un singolo lavoratore.
L’ammontare del premio di produttività non è mai fisso, ma varia in base all’incremento dei parametri a cui l’azienda ha deciso di legarli.
Il datore di lavoro, inoltre, non è obbligato a erogare la stessa somma a tutti i dipendenti, ma può decidere di corrispondere premi di importi diversi a seconda che i lavoratori appartengano o meno a un determinato reparto produttivo, basandosi sulla retribuzione annua lorda o, ancora, sui giorni di presenza e sulle ore lavorate.
Nel caso in cui le performance dei parametri a cui è legata l’assegnazione del premio di produttività risultino inferiori alle soglie prefissate, secondo la normativa vigente, l’azienda non ha la facoltà di erogare il premio produttività soggetto a tassazione agevolata.
Differenza tra premi produttività e i bonus dipendenti
Non è una novità questa abitudine di molte aziende di corrispondere ai lavoratori una gratifica in aggiunta al compenso previsto dal contratto quando il bilancio è in attivo o quando un lavoratore è stato particolarmente efficiente nel suo lavoro.
Ogni datore di lavoro, infatti, ha diritto di offrire ai propri dipendenti gli incentivi che preferisce. Tuttavia, non tutti i bonus erogati in busta paga hanno le stesse caratteristiche.
Mentre i “bonus dipendenti” possono essere erogati in qualsiasi momento, a uno o più dipendenti, senza vincoli particolari, il premio di produttività, per sua natura, deve essere erogato secondo regole e vincoli precisi.
Le differenze maggiori tra l’uno e l’altro tipo di bonus, però, risiedono nella contrattazione e nella tassazione.
I bonus per i dipendenti non devono per forza essere previsti dai contratti collettivi nazionali, possono essere inseriti nel contratto di lavoro individuale e vengono assoggettati all’aliquota IRPEF prevista per i redditi da lavoro dipendente.
Il premio di produttività, invece, deve essere necessariamente previsto nella contrattazione collettiva e negli accordi sindacali di categoria ed è soggetto a una tassazione agevolata.
Tassazione del premio di produttività
Adesso che abbiamo visto cos’è il premio di produttività e chi ha diritto a riceverlo, parliamo delle normative che ne regolano la tassazione.
A partire dal 2016, la tassazione agevolata dei premi di risultato è diventata strutturale. Ciò significa che i premi di risultato erogati secondo le modalità previste dalla legge non sono soggetti alle aliquote progressive IRPEF bensì ad un’aliquota agevolata in sostituzione di tutte le altre.
La normativa di riferimento per quanto riguarda il premio di produttività fino a poco tempo fa era rappresentata dalla Legge di Stabilità del 2016, e dalle Leggi di Bilancio 2017 e 2018 ed era sintetizzata nella circolare dell’Agenzia delle Entrate n° 5 del 2018. Tale normativa specificava non solo i criteri secondo cui le aziende possono erogare premi di risultato detassabili, ma anche quali tipologie di lavoratori hanno accesso al regime di detassazione del premio di risultato.
La Legge di Bilancio 2023 (Legge 197/2022) ha previsto, all’articolo 1 comma 63, che l’imposta sostitutiva dell’IRPEF e le addizionali regionali e comunali subiscano una riduzione dal 10% al 5% sulle somme erogate sotto forma di premio di produttività aziendale.
Secondo la legge, hanno diritto a tale agevolazione i lavoratori del solo settore privato che nell’anno d’imposta abbiano conseguito redditi da lavoro dipendente per importi non superiori a 80.000 euro.
L’importo massimo del premio produttività assoggettabile alla tassazione agevolata, invece, è di 3.000 euro. Solo nel caso in cui il premio di produzione venga erogato ai dipendenti di aziende che coinvolgono i collaboratori nell’organizzazione del lavoro, tale soglia è innalzata fino a 4.000 euro (solo per i rapporti di lavoro già in essere prima del 24 aprile 2017).
Nel caso in cui un lavoratore percepisca premi di risultato da più datori di lavoro, il limite della somma soggetta a tassazione agevolata rimane comunque di 3.000.
Facciamo un esempio pratico di tassazione del premio di produttività ai fini IRPEF, prevedendo che il lavoratore abbia percepito, nell’anno di imposta, un premio di risultato lordo del valore di 1.800 euro.
Grazie alla tassazione agevolata al 5%, l’importo netto che viene corrisposto in busta paga è pari a 1.710 euro.
Senza tassazione agevolata, tale importo sarebbe soggetto a un’aliquota variabile tra il 23% e il 43%, a seconda del reddito imponibile.
Secondo le disposizioni di legge, come abbiamo visto, il lavoratore ha la possibilità di convertire – in tutto o in parte – l’importo del premio di produzione in servizi di welfare aziendale. In questo caso, il valore del bene o servizio erogato non concorre alla formazione del reddito imponibile, ed è totalmente esente da tassazione. Questa opzione permette al datore di lavoro di ottenere un risparmio per quanto riguarda l’abbattimento degli oneri contributivi, fissando in questo modo una notevole riduzione del cuneo fiscale.
Facciamo un esempio pratico. Un lavoratore percepisce un premio di produttività di 1.200 euro e decide di usufruire di un’agevolazione per il trasporto ferroviario. Tale agevolazione viene quantificata in maniera forfettaria nella cifra di 200 euro.
La base imponibile per il calcolo dell’imposta sostitutiva al 5% non sarà più di 1.200 euro: da essa verrà escluso il valore del servizio di trasporto ferroviario, che è di 200 euro.
L’imposta sostitutiva verrà perciò applicata solo sulla somma di 1.000 euro. Somma che il lavoratore può decidere di convertire in ulteriori benefit.
L’Agenzia delle Entrate ha inoltre chiarito che i servizi di welfare aziendale vengono considerati percepiti dal dipendente, e quindi esclusi dal reddito imponibile, nel momento in cui il lavoratore compie la scelta di convertire in benefit il suo premio di risultato, anche se tali benefit vengono erogati, o goduti, in un momento successivo.
Detassazione premi: come funziona?
L’erogazione dei premi di risultato avviene su base annuale, semestrale o trimestrale, eseguendo un confronto con le prestazioni dell’anno precedente.
Per questo, per poter usufruire delle agevolazioni fiscali previste per le somme erogate per premi di risultato è importante che ogni anno le aziende depositino presso il Ministero del Lavoro il contratto di 2° livello e i contratti in scadenza e forniscano queste informazioni:
il numero dei lavoratori che ricevono il premio di produttività;
l’indicatore dei parametri prefissati;
il contratto territoriale o aziendale.
Con il premio non tassato in busta paga il lavoratore può beneficiare dell’intero importo senza dover pagare le tasse previste. Questo potrebbe avere un impatto sull’anno seguente perché andrebbe a incidere sul reddito complessivo dell’impiegato e quindi sulla classe di reddito fiscale di appartenenza.
Ma quali categorie di lavoratori possono usufruire del premio di produzione detassato?
I dipendenti dei lavoratori autonomi, come i titolari di studi privati o ditte;
I dipendenti delle aziende private:
I dipendenti delle pubbliche amministrazioni che abbiano un contratto di somministrazione di lavoro e quindi dipendenti delle agenzie di lavoro.
Rientrano invece fra i soggetti esclusi dalla detassazione dei premi di risultato:
Coloro che percepiscono redditi derivanti da collaborazioni coordinate e continuative e a progetto;
I dipendenti che beneficiano dell’auto aziendale, di un alloggio aziendale o che ricevono prestiti concessi dal datore di lavoro;
I dipendenti delle amministrazioni pubbliche che hanno un contratto di natura privatistica;
I dipendenti che lavorano all’estero per un periodo superiore a 183 giorni all’anno.
È bene ricordare che quando il dipendente non fornisce tutte le informazioni utili per l’applicazione del regime fiscale agevolato nei tempi e limiti previsti dalla norma agevolativa, il datore di lavoro sarà indotto ad applicare l’imposta sostitutiva anche oltre il limite di premio annuale. In questo caso, dovrà essere cura del dipendente far concorrere al suo reddito complessivo, al momento della dichiarazione dei redditi, i premi di risultato impropriamente assoggettati a imposta sostitutiva. Lo stesso vale nel caso in cui il premio di produzione sia stato concesso sotto forma di benefit detassato.
Premio di produttività, malattia e maternità
Nel computo delle ore lavorate al fine di determinare il premio di produzione da destinare ai dipendenti, secondo la Legge di Bilancio 2023 andranno considerati anche:
i permessi della Legge 104 anche per badare a familiari o figli disabili o con patologie gravi;
l’astensione obbligatoria dal lavoro per maternità e paternità;
assenze per gravidanza
il 50% dei giorni di congedo parentale retribuito richiesto dai neogenitori;
gli infortuni sul lavoro;
malattia professionale;
donazione di sangue e midollo
assenza per ferie
permessi e riposi compensativi
Con la sentenza 13 aprile 2022 n.212, infatti, la Corte di Appello di Torino ha dichiarato che se eventuali giorni di assenza dal lavoro causati da ragioni di assistenza o cura per disabilità, proprie o altrui, dovessero incidere sulla determinazione del premio di produzione, come nel caso di assenze “normali”, in questo caso si tratterebbe di discriminazione diretta e tale comportamento da parte di un datore di lavoro avrebbe natura discriminatoria.
E sempre in tema di possibili discriminazioni, al fine di evitare una penalizzazione delle assenze per maternità e allattamento da parte delle lavoratrici e in virtù della parità di genere nel sistema premiale, la Legge di Bilancio 2023 stabilisce che il periodo di congedo di maternità obbligatorio va computato nella determinazione della corresponsione del premio di produttività.
Premio di produttività a fondo pensione
Con la Legge di Bilancio 2017 e 2023 sono stati introdotti altri vantaggi fiscali a favore dei dipendenti che scelgono di versare il premio di produttività a un fondo di pensione complementare o a un fondo sanitario.
Nel caso di premio a previdenza complementare, nello specifico, gli importi dei premi nel limite di 3.000 euro non sono soggetti a imposta sostitutiva del 5% e non concorrono a comporre reddito da lavoro dipendente anche qualora sforino il plafond di deducibilità (3.615 euro per i fondi sanitari e 5.164,57 euro per i fondi pensione).
La legge stabilisce che le somme relative a questa tipologia di contribuzione non devono essere tassate nemmeno in fase di prestazione, quindi l’esenzione è totale. Il lavoratore che beneficia di questi vantaggi non deve sostenere alcun costo aggiuntivo.
Luglio 19, 2023
Welfare Aziendale
Banca ore, in cosa consiste e come funziona?
Con la banca ore i lavoratori possono accantonare le ore di straordinario per usufruire di permessi extra.
Le aziende hanno a disposizione diversi strumenti per offrire ai lavoratori dipendenti delle misure di welfare che permettano loro di gestire la propria attività lavorativa con maggiori autonomia e flessibilità. Uno dei più apprezzati è la banca ore: un ausilio che permette di ottenere permessi extra sfruttando le ore di lavoro straordinario svolte durante l’anno. In questa guida ti spiegheremo tutto quel che c’è da sapere sul funzionamento della banca ore.
Cos'è e come funziona la banca ore?
Banca ore e riposo compensativo: quale differenza?
Banca ore: come ed entro quando utilizzarla
Come si calcola la banca ore
Tassazione della banca ore
Banca ore e busta paga
Banca ore e part time
La banca ore nel CCNL del Commercio
La banca ore nel CCNL dei Metalmeccanici
Che cos'è la banca ore solidale
Che differenza c'è tra flessibilità oraria e banca ore?
Cos’è e come funziona la banca ore?
La banca ore è uno strumento che permette al lavoratore di accantonare in un conto individuale le ore di lavoro straordinario svolte nel corso dell’anno e trasformarle poi in permessi retribuiti extra. Prevista dalla maggior parte dei CCNL, la banca ore è inserita nel quadro normativo che in Italia disciplina l’orario di lavoro, la Legge 24/06/1997 n. 196, con riferimento ai criteri stabiliti dalla direttiva CRR n.93/104 per quanto riguarda l’orario lavorativo normale e straordinario.
Le ore di straordinario sono le ore di lavoro prestate oltre l’orario di lavoro normale, che per legge è fissato nel limite di 40 ore settimanali, anche se i contratti collettivi hanno la facoltà di fissare un limite inferiore o superiore, purché non vengano superate le 48 ore settimanali.
Al contrario di altri strumenti di welfare aziendale, la banca ore non è regolamentata da leggi precise, ma direttamente dal CCNL di categoria, dalla contrattazione di secondo livello o dal contratto individuale di ciascun lavoratore dipendente.
Di solito, la banca ore viene proposta come un’alternativa al pagamento in busta paga delle ore di straordinario. Il lavoratore, cioè, può scegliere di accantonare queste ore nel suo portafoglio virtuale e utilizzarle in seguito, sotto forma di permessi extra.
Ci sono poi alcuni casi, come quello del contratto collettivo dei metalmeccanici, che prevedono che, anche se un dipendente decide di accantonare le ore di lavoro straordinario nella banca ore, queste vengano comunque pagate (di solito con un importo pari al 50% della paga spettante per le ore di lavoro svolte in eccesso).
Mentre i lavoratori con contratto a tempo indeterminato possono sempre accedere all’istituto della banca ore, i lavoratori con contratto a tempo determinato possono accedervi solo se questa possibilità è prevista dal contratto collettivo di riferimento.
La banca ore è considerata a tutti gli effetti una misura di welfare aziendale perché offre al lavoratore una maggiore flessibilità e gli permette di migliorare il proprio work-life balance, così da dedicare più tempo alla vita privata.
Banca ore e riposo compensativo: quale differenza?
La legge stabilisce che, dopo sei giorni di lavoro continuato, il lavoratore dipendente abbia diritto ad uno stacco di 24 ore, che, solitamente, coincide con il riposo settimanale.
Se il dipendente non gode del giorno di riposo settimanale perché ha effettuato delle ore di lavoro straordinario, questo deve essere necessariamente recuperato.
I riposi compensativi sono quindi i giorni di riposo di cui il lavoratore usufruisce per recuperare i giorni di riposo persi a causa dello straordinario.
Di solito, l’istituto della banca ore va a sostituire i riposi compensativi, che, quindi, vengono erogati solamente qualora il contratto di lavoro non la preveda.
Banca ore: come ed entro quando utilizzarla
Normalmente, le ore di lavoro straordinario accantonate nella banca ore possono essere utilizzate per richiedere le ore di permesso a partire dal mese successivo a quello in cui sono state svolte, chiedendo l’autorizzazione al datore di lavoro con un tempo di preavviso congruo. L’utilizzo di permessi extra va ad intaccare il monte della banca ore, senza erodere le ferie o i giorni di riposo a cui ha diritto il dipendente.
Se il lavoratore non usufruisce delle ore di permesso entro la scadenza delle stesse può richiedere che queste vengano pagate come normali ore di lavoro. La scadenza delle ore accantonate in banca ore non è fissa, perché ogni contratto ha condizioni diverse. Le aziende, di solito, concedono almeno un anno di tempo per usufruire delle ore accantonate.
In caso di una lavoratrice rientrata dalla maternità, è bene sapere che può utilizzare i permessi accumulati in banca ore cumulandoli con i riposi per allattamento regolati dall’INPS.
Come si calcola la banca ore
All’interno del conto della banca ore vengono quindi inserite tutte le ore di lavoro straordinario che il lavoratore ha deciso di accantonare per poter usufruire di permessi aggiuntivi rispetto alle ferie o ai riposi. In molti casi, la contrattazione collettiva prevede che al suo interno confluiscano anche i permessi ROL e le ex festività non goduti.
Il numero di ore accantonabili nella banca ore viene stabilito dal contratto collettivo, che può anche stabilire che una certa quota di ore di lavoro straordinario vi confluisca automaticamente.
Ogni volta che il lavoratore faccia richiesta di permessi accedendo alla banca ore, le ore utilizzate vengono scalate dal monte ore.
Di solito, quando si avvicina il momento della scadenza delle ore accantonate, si esegue un calcolo per scoprire quante ore siano rimaste all’interno della banca ore. Il calcolo si esegue sottraendo il numero di ore di cui il lavoratore ha usufruito dal totale di ore accantonate. Se il saldo è pari a zero, il lavoratore non potrà più usufruire dei permessi extra fino a che non abbia accumulato altre ore di lavoro in banca ore. Se, invece, il saldo è a credito, queste vengono retribuite in busta paga secondo gli importi stabiliti dal CCNL.
Tassazione della banca ore
Le ore di lavoro accantonate in banca ore sono soggette alla tassazione IRPEF e al pagamento dei contributi previdenziali.
La tassazione della banca ore avviene però in momenti diversi rispetto alla retribuzione ordinaria. Le ore di straordinario che finiscono in banca ore, infatti, non vengono tassate al momento del loro accantonamento, ma nel momento in cui vengono utilizzate o rimborsate.
Se, ad esempio, un lavoratore decide di usufruire di 8 ore di permesso scalandole dalla banca ore, queste non saranno decurtate dalla retribuzione di base. Pertanto, le ore di permesso verranno retribuite come normali ore di lavoro e saranno assoggettata alla tassazione IRPEF e al versamento dei contributi INPS.
Se, invece, il lavoratore non utilizza le ore accantonate in banca ore e le stesse vengono monetizzate, il versamento dei contributi e dell’IRPEF avverrà nel momento in cui avviene il pagamento in busta paga delle stesse.
Banca ore e busta paga
Le ore di lavoro straordinario effettuate da un lavoratore vengono sempre inserite in busta paga. Se un dipendente usufruisce della banca ore, però, cambiano il momento e le modalità con cui queste ore vengono registrate sul cedolino.
Ecco qualche esempio pratico per comprendere meglio come viene inserita la banca ore in busta paga.
Esempio 1: il lavoratore chiede che le ore di straordinario gli vengano pagate
Giuseppe, nel mese di marzo, effettua 10 ore di lavoro straordinario:
6 ore sono retribuite con la maggiorazione del 25%
4 ore, effettuate nei giorni festivi, sono retribuite con la maggiorazione del 55%
Di solito, Giuseppe effettua giornate lavorative di 6 ore e la sua retribuzione ordinaria è di 10,50 euro all’ora.
Le ore di straordinario, in questo caso, fruttano a Giuseppe 143,80 euro. L’imponibile contributivo è pari al totale delle competenze, comprensive di straordinario.
DESCRIZIONE
QUANTITÀ
DATO BASE
COMPETENZE
Retribuzione base
162
€10,50
€1701,00
Lavoro straordinario 25%
6
€13,12
€78,72
Lavoro straordinario al 55%
4
€16,27
€65,08
Esempio 2: il lavoratore chiede che le ore di straordinario vengano accantonate in banca ore
Giuseppe decide che le 10 ore di lavoro straordinario svolte nel mese di marzo vengano accantonate in banca ore. In questo caso, il contratto collettivo del suo settore prevede che gli vengano corrisposte maggiorazioni nella retribuzione anche nel caso in cui lo straordinario venga accantonato in banca ore.
Ponendo il caso che Giuseppe abbia già 6 ore accantonate in banca ore, con l’aggiunta di quelle maturate nel mese di marzo queste saliranno a 16. In busta paga, invece, gli verranno riconosciuti 40,42 euro per le ore di straordinario effettuate.
DESCRIZIONE
QUANTITÀ
DATO BASE
COMPETENZE
Retribuzione base
162
€10,50
€1701,00
Maggiorazione banca ore 12,5%
6
€11,81
€18,37
Maggiorazione banca ore 27,5%
4
€13,38
€22,05
Esempio 3: il lavoratore usufruisce delle ore accantonate
Nel mese di maggio, Giuseppe non effettua straordinario, ma decide di usufruire di 5 delle ore accantonate in banca ore. In questo caso, in busta paga verrà indicato che il lavoratore ha deciso di usare 5 ore di permesso, prendendole dalla banca ore, il cui saldo scende a 11.
Queste ore non vengono sottratte dalla retribuzione oraria base, in quanto Giuseppe ha diritto alla paga ordinaria anche qualora usufruisca della banca ore.
La base imponibile, in questo caso, è data dalla retribuzione base, che è comprensiva delle ore di permesso della banca ore.
DESCRIZIONE
QUANTITÀ
DATO BASE
COMPETENZE
Retribuzione base
162
€10,50
€1701,00
Recupero banca ore
5
Esempio 4: il lavoratore non usufruisce delle ore accantonate entro la scadenza stabilita
È scaduto l’anno di tempo che l’azienda concede ai suoi dipendenti per usufruire delle ore accantonate in banca ore. Giuseppe ha ancora a disposizione 11 ore residue che verranno monetizzate nel mese di dicembre dell’anno successivo.
In questo caso, oltre alla retribuzione base, al lavoratore spetteranno anche 115,50 euro per la liquidazione delle ore della banca ore non godute.
La base imponibile per la contribuzione sarà costituita dalla retribuzione base e dall’importo della monetizzazione della banca ore.
DESCRIZIONE
QUANTITÀ
DATO BASE
COMPETENZE
Retribuzione base
162
€10,50
€1701,00
Monetizzazione banca ore
10
€10,50
€115,50
Banca ore e part time
Per quanto riguarda il part-time, è bene ricordare che in questi tipi di contratto non è prevista una banca ore, bensì quattro giorni all’anno di permessi frazionati, ovvero 30 ore, che devono essere proporzionati all’orario di lavoro del dipendente.
Per i lavoratori part-time, inoltre, c’è la possibilità di accedere alla banca ore solo se in possesso di un contratto di lavoro part-time verticale, perché, normalmente, gli straordinari non sarebbero permessi. Questa possibilità, tuttavia, rimane condizionata dalle regole stabilite dal CCNL.
È obbligatorio utilizzare i permessi frazionati, detti anche PFR, entro e non oltre il 31 dicembre sotto forma di permessi retribuiti, anche frazionabili nel limite di almeno 1 ora. Questi, potranno essere utilizzati unendoli a periodi di ferie. Nel caso in cui il lavoratore non dovesse utilizzarli entro la data stabilita, tali permessi saranno perduti e non monetizzati.
La banca ore nel CCNL del Commercio
Il CCNL del Commercio prevede che il datore di lavoro possa utilizzare la banca ore per gestire eventuali picchi di lavoro tramite l’accantonamento delle ore straordinarie.
I lavoratori possono godere dei riposi compensativi in pacchetti di 4 o 8 ore. Inoltre, è permessa la fruizione in maniera collettiva – quindi contemporaneamente da più dipendenti - dei riposi compensativi, purché questi non comprendano i mesi di luglio, agosto e settembre e la forza lavoro assente non superi il 10%.
Il CCNL del Commercio, inoltre, prevede che per il sabato o il giorno in cui nell’arco di una settimana si verifica un’intensità di lavoro più alta, la percentuale di dipendenti a riposo scenda al 5% della forza complessiva occupata.
Ma come si richiedono i riposi compensativi maturati con il lavoro straordinario accantonato in banca ore? In realtà è piuttosto semplice: basta infatti inoltrare al datore di lavoro un preavviso di almeno cinque giorni lavorativi.
Per concludere, il datore di lavoro è tenuto entro e non oltre il 31 dicembre a fornire a ogni lavoratore il dettaglio sulla maturazione delle ore di straordinario depositate in banca ore sia degli eventuali riposi compensativi detratti.
La banca ore nel CCNL dei Metalmeccanici
Per quanto riguarda il CCNL dei Metalmeccanici e Piccola Industria, secondo la normativa in vigore ogni ora svolta oltre le 40 ore settimanali potrà essere caricata nella banca ore e retribuita come lavoro straordinario o, altrimenti, come riposo compensativo.
I lavoratori avranno la possibilità di usufruire dei riposi compensativi seguendo la stessa prassi dei ROL, mentre le ore di straordinario accumulate, se non utilizzate entro due anni, sarà obbligatorio liquidarle in busta paga.
Infine, l’accordo firmato per l’industria metalmeccanica prevede che qualora il lavoratore volesse accantonare le ore straordinarie effettuate in banca ore, dovrà comunicarlo entro il mese in cui si svolgeranno gli straordinari.
Che cos’è la banca ore solidale?
La banca ore solidale segue il principio che tutti i lavoratori possano cedere i propri riposi e ferie ai colleghi che, ad esempio, debbano assistere un parente bisognoso di cure o un figlio ammalato, nel rispetto tuttavia della loro fruizione minima.
È possibile cedere esclusivamente le ferie aggiuntive che eccedano le quattro settimane annuali e i riposi che superino quelli minimi definiti per legge, ovvero oltre le undici ore di riposo consecutivo ogni 24 ore e 24 ore di riposo consecutivo ogni sette giorni.
È importante sottolineare che la cessione deve sempre e in ogni caso avere luogo a titolo gratuito.
Che differenza c'è tra flessibilità oraria e banca ore?
Molti si chiedono spesso se ci sia una differenza fra flessibilità oraria e banca ore. Per flessibilità oraria si intende un insieme di istituti contrattuali che permettono ai lavoratori di sfruttare un orario di lavoro da poter distribuire nell’arco di una giornata, di una settimana o di un mese, entro i limiti stabiliti dai vari contratti collettivi nazionale e da quelli aziendali.
Per fare un esempio, con l’orario flessibile i dipendenti possono entrare o uscire dal luogo di lavoro entro delle fasce orarie prestabilite e non per forza a una determinata ora (è la cosiddetta flessibilità in entrata e in uscita). In questo modo quindi il lavoratore non solo acquisisce una maggiore autonomia decisionale, ma ha la possibilità di conciliare al meglio gli impegni lavorativi e la sua vita privata.
Altri esempi di flessibilità oraria sono l’orario concentrato, ossia la possibilità di non fare la pausa pranzo in modo da poter uscire in anticipo dal posto di lavoro, e il lavoro ad isole, che consente a un gruppo di dipendenti che svolgono la stessa mansione di organizzarsi in autonomia per permettere ai singoli di assentarsi senza che ciò crei disagi e incida sulla qualità del lavoro, il cui svolgimento sarà comunque garantito dagli altri dipendenti del team.
La banca ore, come spiegato in questo articolo, non è altro che un altro modello organizzativo per far sì che i lavoratori abbiano una maggiore flessibilità lavorativa e quindi una migliore conciliazione vita-lavoro.
Giugno 19, 2023
Welfare Aziendale
Fringe benefit e alloggio al dipendente, qual è la normativa e la tassazione
La concessione di un alloggio ai dipendenti è un fringe benefit che viene erogato in alcuni casi specifici e che segue determinate regole stabilite dal TUIR. Ecco cosa sapere.
I fringe benefit sono una forma di retribuzione integrativa che viene riconosciuta ai dipendenti sotto forma di beni e servizi in aggiunta allo stipendio. Tra i benefit più diffusi e apprezzati rientrano, ad esempio, l’assegnazione dell’auto aziendale a uso promiscuo, i buoni acquisto, il maggiordomo aziendale, il rimborso delle spese di trasporto per raggiungere la sede di lavoro, piani previdenziali e molti altri ancora.
In questo articolo parleremo in modo dettagliato dell’alloggio concesso ai dipendenti, dalle regole previste dalla normativa vigente alle diverse tipologie di immobili utilizzabili, e faremo degli esempi pratici per calcolare il valore del fringe benefit per gli alloggi di servizio.
Alloggio al dipendente: cos’è e a chi va assegnato
Fringe benefit e alloggi ai dipendenti: tipologie e normativa
Cosa succede se il dipendente lascia l’alloggio?
Fringe benefit e alloggi al dipendente: disciplina fiscale
Come calcolare il fringe benefit per l’alloggio al dipendente: esempi pratici
Alloggio al dipendente: che cos’è e a chi va assegnato
Tra i numerosi benefici che un datore di lavoro può scegliere di destinare ai propri dipendenti tramite fringe benefits rientra anche l’assegnazione di un alloggio. Ad eccezione di alcuni casi regolamentati dai CCNL o da altre tipologie di contrattazione collettiva o individuale, non vige nessun obbligo per le aziende riguardo l’erogazione di questo benefit, sia quando viene richiesto al lavoratore di svolgere l’attività lontano dalla sede di lavoro indicata nel contratto, sia quando è necessario effettuare una trasferta temporanea.
Un alloggio aziendale viene assegnato:
a guardiani e custodi
per ricollocare i collaboratori in altre sedi lavorative
per assumere personale qualificato che vive lontano dalla sede di lavoro principale
Provvedere alle esigenze abitative dei dipendenti può sembrare all’apparenza un costo non necessario per un datore di lavoro. In realtà, aderire a un piano di welfare che metta al centro il benessere dei dipendenti rappresenta un grande investimento per l’azienda ed equivale a una perfetta strategia sia per rendere il lavoro godibile e gratificante sia per attirare nuovi talenti e favorire l’integrazione dei dipendenti nel team di lavoro.
Fringe benefit e alloggi ai dipendenti: tipologie e normativa
Il datore di lavoro può assegnare al dipendente diversi tipi di alloggi. Ecco i principali:
Alloggi a uso foresteria
Immobili concessi in uso ai dipendenti
Fabbricati strumentali pro tempore
A seconda della tipologia di alloggio, la normativa stabilisce regole diverse per la deducibilità. I documenti e le leggi che definiscono la gestione e le regole per gli alloggi concessi ai dipendenti come fringe benefit sono: l’articolo 51 e l’articolo 95 del TUIR, la Circolare del Ministero delle Finanze n. 326/E del dicembre 1997, il Decreto Legislativo n.314 del 2 settembre 1997 e il Testo Unico delle imposte sui Redditi. Vediamo nel dettaglio i diversi casi.
Alloggi a uso foresteria
Nel caso di immobili concessi ai dipendenti per uso temporaneo (foresterie), il TUIR stabilisce che al datore di lavoro spetta una deducibilità totale dei costi sostenuti.
Immobili concessi in uso al dipendente
In questo caso la normativa regola anche il pagamento dei canoni di affitto e tutte le spese relative alla manutenzione dei fabbricati concessi e stabilisce che i costi sostenuti dal datore di lavoro sono deducibili ma soltanto per un importo non superiore al reddito percepito dal dipendente. Il fringe benefit rappresenta il limite massimo dei costi deducibili dal datore di lavoro.
Fabbricati strumentali pro tempore
Questa tipologia di alloggio viene concessa ai dipendenti che per esigenze lavorative abbiano trasferito la loro residenza anagrafica. Per il periodo d'imposta nel quale avviene il trasferimento e nei due periodi successivi, le spese di manutenzione e il canone di locazione, anche finanziaria, sono deducibili dal reddito d’impresa nella loro totalità.
Cosa succede se il dipendente lascia l’alloggio?
Gli immobili concessi ai dipendenti che si sono trasferiti per servizio, secondo l’articolo 43, comma 2 del TUIR, sono da considerarsi immobili strumentali durante il triennio. Ma cosa succede se il dipendente decide di lasciare l’alloggio prima che si concluda il triennio? In questo caso, l’unità immobiliare concessa al lavoratore non si considera più strumentale. Ciò significa che non potrà essere riconosciuta la deducibilità totale dei costi sostenuti dall’azienda. Tuttavia, è possibile applicare le disposizioni di favore qualora la stessa unità abitativa venga nuovamente concessa.
Fringe benefit e alloggi al dipendente: disciplina fiscale
Così come gli altri fringe benefit erogabili dall’azienda, anche in caso di concessione di unità immobiliari ai dipendenti sussistono le condizioni per usufruire di sgravi fiscali.
Il TUIR identifica diverse tipologie di immobili:
fabbricati iscritti al catasto
fabbricati non iscritti al catasto
fabbricati con obbligo di dimora, come nel caso dei portieri degli stabili o dei custodi dell’azienda
fabbricati senza obbligo di dimora, come quelli destinati ai dipendenti
Per quanto riguarda i fabbricati iscritti al catasto e concessi in uso, locazione o comodato al dipendente, il valore del fringe benefit alloggio equivale alla differenza fra quanto corrisponde il lavoratore per usufruire del fabbricato e la rendita catastale dell’immobile, incluse le spese e le utenze a carico del datore di lavoro come, ad esempio, le spese di condominio e le spese per acqua, gas ed energia elettrica.
Nel caso di immobili non iscritti al catasto, invece, il fringe benefit è costituito dalla differenza tra quanto corrisposto dal dipendente e il valore del canone di locazione stabilito in regime vincolistico o, in sua mancanza, dal valore di libero mercato.
Come calcolare il fringe benefit per l’alloggio al dipendente: esempi pratici
Per stabilire il valore convenzionale da sottoporre a contribuzione fiscale e previdenziale occorre fare riferimento all’art. 51 del d.p.r. 917-1986.
Per fare chiarezza, ecco un esempio che ti aiuterà a comprendere un po’ meglio come calcolare il fringe benefit in caso di concessione di un immobile iscritto al catasto.
Considerando che l’unità abitativa abbia una rendita catastale pari a 3000 euro, spese inerenti pari a 800 euro e una somma complessiva trattenuta al lavoratore pari a 900 euro per l’utilizzo del fabbricato, il fringe benefit tassato per il dipendente corrisponderà a 2.900 euro (3.800 - 900).
Vediamo adesso un esempio concreto per conoscere la tassazione del fringe benefit con riguardo agli alloggi che non necessitano di iscrizione al catasto, come ad esempio i fabbricati che si trovano all’estero. Supponendo che il canone annuo di locazione versato dal dipendente sia pari a 15.000 euro, sottraendo le somme eventualmente corrisposte dal lavoratore pari, ad esempio, a 1.200 euro (100 euro al mese), il fringe benefit tassato sarà pari a 13.800 euro (15.000 – 1.200).
Nel caso sussista per i dipendenti che svolgono determinate funzioni l’obbligo di dimorare presso uno degli alloggi di servizio, come accade per i custodi, il fringe benefit sarà pari al 30% della differenza fra la rendita catastale, comprese tutte le spese inerenti e non, e il valore corrisposto dal dipendente. Tornando al primo esempio, su un immobile iscritto al catasto, il reddito da lavoro dipendente (ovvero, tassato) corrisponderà al 30% di 2.900 euro, ovvero a 870 euro.
Se hai bisogno di una consulenza o ti serve aiuto per orientarti nel mondo dei fringe benefit dai un’occhiata alla nostra piattaforma di welfare aziendale.
Giugno 14, 2023
Welfare Aziendale
Sos Pediatra partner della piattaforma Day Welfare
SosPediatra è il nuovo partner disponibile sulla piattaforma Day Welfare.
Ti piacerebbe avere un pediatra sempre a disposizione?
Da genitori sappiamo che il pediatra di famiglia ha una disponibilità molto limitata, ha orari ben precisi di reperibilità e non è obbligato a visitare i bambini a casa.
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E allora come si fa?
Con SosPediatra si possono trovare tante soluzioni:
SosPediatra: servizi disponibili e costi
Video consulto pediatrico online
Day Welfare: una sola piattaforma tante opportunità
SosPediatra: servizi disponibili e costi
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La visita domiciliare nei giorni feriali, fino alle 21, costa 100€
Nei giorni festivi, prefestivi, nel weekend e dopo le 21 il prezzo è di 120€
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Insieme ci prendiamo cura della salute dei bambini!
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